Il presente documento sia oggetto di studio e di approfondimento da parte di tutti e particolarmente da parte dei nostri missionari, in modo che realmente serva per una revisione della loro vita e della loro opera.
1. Revisione dei servizi apostolici
34 Una prima conseguenza pratica sarà il dovere di rivedere, a tutti i livelli, la nostra ottica pastorale e i nostri servizi alla Chiesa e al mondo di oggi in funzione delle esigenze caratteristiche della nostra missionarietà.
- L'Ordine intero nelle sue proposte e decisioni mostri di aver recepito il valore e la dimensione vera dell'idea missionaria. Si senta testimone ed evangelizzatore della buona novella in tutti i suoi membri; si senta universale e cattolico con l'attenta opera di diffusione del suo patrimonio spirituale e del suo carisma minoritico, quale contributo specifico allo sviluppo della chiesa locale. 101
- Le province, a loro volta, devono onestamente ripensare i loro impegni apostolici nella prospettiva della realtà missionaria. La missione, dovunque e comunque si svolgerà, sia nel cuore della provincia.
- La diminuzione del personale ci obbliga, forse provvidenzialmente, a rivedere le nostre presenze e i nostri impegni missionari. Il frate missionario si dedichi al suo lavoro specifico, lasciando gli altri uffici e incarichi ai laici, alle comunità cristiane e ai diversi collaboratori.
2. Programma di sensibilizzazione e formazione
SENSIBILIZZAZIONE
35 Per rispondere adeguatamente e con elementi sempre più validi a questo grande compito apostolico dell'Ordine è necessario programmare un servizio permanente di sensibilizzazione e di formazione missionaria dei nostri frati.
L'idea della missione deve investire la vita, il lavoro e la preghiera delle nostre province. Se una provincia non avesse spirito missionario, sarebbe destinata a languire e a scomparire.
Questo spirito missionario si deve manifestare innanzi tutto nel ritenere gli impegni missionari tra i principali doveri apostolici della provincia. 102
Caduta l'idea delle «nostre missioni» e della «missione-territorio», è importante che tutti cerchino di assimilare ed approfondire le nuove prospettive missionarie nello spirito di comunione e di servizio alle chiese particolari. 103
Con una adeguata analisi della dimensione missionaria della nuova ecclesiologia, si faccia capire a tutti che le vie della missione, oggi, sono psicologicamente più complesse che non per il passato.
Le nuove situazioni personali e apostoliche ci obbligano a concepire il servizio missionario basato sulla qualifica e sulla preparazione. Non si conti tanto quanti missionari ha la provincia, ma piuttosto si pensi chi sono e quale preparazione hanno.
Per un'opera efficace di sensibilizzazione, le province si scambino le persone preparate e che hanno esperienza in questo campo. Attraverso tale interscambio ecclesiale e fraterno di valori e di servizi si rinnoverà più facilmente nel nostro Ordine lo spirito missionario.
FORMAZIONE
36 Per garantire questa dimensione missionaria e indispensabile, a livello di Ordine come di provincia, che si promuovano una formazione e un aggiornamento riguardo ai temi e ai problemi missionari, sia per tutti i nostri frati, come per quei frati che realizzano di fatto, ovunque si trovi no, questo importante aspetto della nostra vocazione apostolica. 104
A questo scopo:
- le nostre province. provvedano a un approfondimento teologico e spirituale dell'aspetto missionario del nostro carisma francescano in modo che si giunga ad un autentico rinnovamento apostolico;
- i nostri educatori, sensibili ai valori apostolici della nostra identità religiosa, si sforzino di formare i giovani candidati mettendo in rilievo le esigenze dottrinali e pratiche dei problemi missionari e le loro ripercussioni nella nostra vita di francescani; nell'insegnamento della teologia soprattutto cerchino di rilevare - come vuole la Chiesa - le dimensioni missionarie; 105
- si curino per tutti corsi di studio e di aggiornamento permanente sulla teologia missionaria, sulla catechetica e l'evangelizzazione, anche con una documentata informazione circa gli impegni missionari dell'Ordine;
- si cerchi di dare ai frati una informazione adeguata che li renda sensibili ai problemi internazionali e dell'indipendenza socio-economica, politica, culturale e, in genere, umana dei diversi popoli, nella prospettiva dell'opera evangelizzatrice della Chiesa e dello sforzo dei nostri fratelli missionari; 106
- i frati siano convenientemente informati circa i documenti della S. Sede, dell'Ordine e delle Conferenze episcopali riguardanti il tema missionario e ne facciano oggetto di studio e di riflessione.
37 Una cura tutta speciale richiede la formazione dei frati missionari: 107
- anzitutto i frati destinati all'attività missionaria abbiano una preparazione specifica e adeguata riguardo agli aspetti religiosi, antropologici, culturali, socio-economici, politici e storici dei gruppi umani fra i quali svolgeranno la loro opera evangelizzatrice. Questa preparazione può assume re varie forme: per esempio, studi specializzati prima di partire, un periodo di convivenza con sacerdoti e religiosi qualificati del luogo, studi accademici (da farsi preferibilmente sul posto di lavoro), un serio programma di orientamento svolto dagli stessi missionari o anche in collaborazione con altri istituti e con la chiesa locale, ecc. Ad ogni modo i nuovi missionari non siano impegnati nell'apostolato diretto se prima non abbiano acquistato una adeguata preparazione conseguita sul campo stesso dove svolgeranno la loro opera di evangelizzazione.
- le province provvedano con particolare cura alla formazione permanente dei missionari che già sono impegnati nel lavoro apostolico. Questo aggiornamento deve tener conto dei diversi aspetti della persona: umani, religiosi, intellettuali, professionali, ecc., giacché i missionari sono chiamati ad essere non solo pastori, ma anche formatori.
Le occasioni di questa «formazione continua» possono essere molte:
* giornate di spiritualità, di convivenza e di studio periodicamente organizzate;
* corsi monografici di specializzazione sul luogo;
* frequenza, durante i periodi delle vacanze, di corsi scelti riguardanti materie teologiche, di spiritualità francescana, di pastorale o di altri temi, sia utili per la formazione personale, sia in funzione diretta del proprio lavoro missionario; 108
* l'anno cosiddetto «sabbatico», dopo un certo periodo di attività missionaria, per un prolungato e sistematico programma di formazione permanente e di rinnovamento spirituale.
3. Alcune opzioni fondamentali
AUTENTICITÀ FRANCESCANA
38 Le nuove prospettive del servizio missionario ci obbligano ad impostare la vita e l'attività francescana apostolica in coerenza con alcune opzioni fondamentali. Ne vorremmo qui sottolineare soltanto tre, particolarmente importanti: autenticità francescana, impiantazione dell'Ordine e scelte pastorali.
- La garanzia e la fecondità del nostro lavoro missionario dipenderanno, fondamentalmente, dalla fedeltà evangelica alla nostra vocazione francescana. 109 I nostri missionari cercheranno di presentare, anzitutto, una vera immagine di uomini di fede e di uomini di preghiera. La loro esistenza sarà predicazione vivente, se resterà ancorata ad una vita di preghiera perseverante e coerente, trasparenza dello Spirito, agente principale e termine dell'evangelizzazione. 110 Cosi sarà più facile mostrare anche a tutti la vera immagine di uomini poveri, minori e autenticamente fraterni. L'aspetto comunitario, tipico della nostra professione di «fratelli», sia vissuto con profonda dedizione dai missionari, nonostante le difficolta materiali inerenti agli impegni e ai posti di lavoro. Il valore della vita fraterna e la possibilità di viverla effettivamente dovranno essere sempre salva guardati. 111
IMPIANTAZIONE DELL'ORDINE
39 La dimensione nuova delle chiese particolari e l'analisi della situazione statistica (diminuzione dei missionari esteri; aumento delle vocazioni locali) ci inducono a dare un'attenzione particolare all'impegno per le vocazioni autoctone. 112
Per una sempre più efficace opera di evangelizzazione e di edificazione della chiesa locale, si creino centri di irradiazione della nostra spiritualità e della nostra vita francescana.
Della «implantatio Ordinis» s'interessino tutti i frati, e per la formazione dei candidati si deputino gli uomini più preparati e più sensibili, non esitando per questo particolare compito, dal toglierli dall'opera diretta di evangelizzazione. 113
Nello spirito della nostra disponibilità e della pluriformità non si creino grandi strutture per la implantatio Ordinis ma, attenti ai costumi di vita delle varie nazioni e delle chiese particolari, si realizzino centri di vita francescana. Questo, dove è opportuno e possibile, si faccia in esemplare collaborazione tra province e regioni. Così la nuova realtà cappuccina porterà il segno della comunione di tutto l'Ordine e non quello esclusivo di eventuali divisioni storiche o geografiche. 114
L'Ordine abbia una particolare strategia apostolica e spirituale in modo da collocare la «implantatio Ordinis» nei punti nevralgici della vita e dello spirito del mondo nuovo.
SCELTE PASTORALI
40 Senza pretendere di fare un elenco esauriente delle scelte pastorali più importanti oggi (e la sciando da parte la pluriformità dei contesti e delle situazioni), vorremmo tuttavia porne in rilievo alcune:
- Sacra Scrittura: san Francesco ci ha lasciato un esempio mirabile di zelo per la parola di Dio. 115 Nella nostra attività missionaria un ruolo tutto particolare spetta alla Sacra Scrittura, che deve essere la «magna charta» e il fondamento della nostra evangelizzazione. Perciò mettiamo al primo posto la diffusione della Bibbia, traducendola, ove occorresse, e insegnando a leggerla e a viverla in collaborazione ecumenica. 116
- Evangelizzazione e sacramentalizzazione: si realizzi sempre una sintesi corretta fra evangelizzazione e sacramentalizzazione. I sacramenti devono essere visti come termine di un attento e laborioso itinerario di evangelizzazione. L'evangelizzazione, inoltre, non si esaurisca nel ricevere i sacramenti, ma, con una costante catechesi, continui a vivificare i sacramenti già ricevuti. 117
- Pietà popolare: pur riconoscendo la necessità di porre in evidenza i valori essenziali della fede, riconosceremo pure il valore della pietà popolare. 118 Essa, purificata da elementi malsani e da deviazioni, può costituire una via di esperienza di Dio. Non dimentichiamo che Francesco ha celebrato il Natale con un gruppo di persone semplici e che ha promosso la devozione medievale alla Passione del Signore. Lasceremo libertà alla spontaneità della gente, facendo attenzione che queste manifestazioni popolari alimentino la fede, la speranza e la carità.
- Servizio dei poveri: scegliamo di vivere per i poveri e con i poveri. Sforzo primario nostro sarà di fare tutto per liberarli dalla loro povertà con una corretta promozione umana. D'altra parte, avremo molto da imparare da questa gente semplice. Si lodano quei fratelli che scelgono di essere più vicini ai poveri e di condividere con loro la quotidiana fatica della povertà. 119 Cosi si prolungherà la sana tensione tra strutture ed esigenze della povertà che attraversa tutta la nostra sto ria.
- Comunità cristiane di base: nel Sinodo dei Vescovi del 1974 questa esperienza è stata racco mandata a tutta la Chiesa. C'e una grande pluriformità di tali movimenti, sorti dagli stessi laici impegnati, allo scopo di creare cristiani autentici che vivano, con un profondo senso comunitario, la parola di Dio e cerchino di cambiare il mondo dall'interno delle sue strutture. Noi, frati minori, vicini al popolo e sensibili alle espressioni di fede spontanea e di spiritualità biblica, potremo partecipare a tali gruppi con lo spirito animatore di san Francesco. 120
- Fraternità secolare francescana: non dimentichiamo che la fraternità secolare francescana è stata riconosciuta dalla Chiesa «come un fermento di perfezione evangelica». 121 Stimando e valorizzando i carismi di tanti fratelli e sorelle, in reciprocità di spirito e di servizio, contribuiremo a maturare una comunità di fede e di amore, dotata di una speciale efficacia evangelizzatrice, quale auspicava san Francesco e quale gli uomini di oggi si attendono.
4. Prospettive di cooperazione
41 Come conseguenza della nuova impostazione dell'attività evangelizzatrice, anche le nostre prospettive di cooperazione devono essere rinnovate:
- La cooperazione nei diversi campi di lavoro missionario e nei diversi servizi fra le province nel l'ambito delle regioni e tra le chiese locali deve essere sollecitata e favorita con ogni mezzo. 122 Nello spirito delle nostre costituzioni, vorremmo raccomandare una fraterna intercomunione anche per ciò che riguarda il personale all'interno dell'Ordine, per aiutare efficacemente i settori più bisognosi della nostra attività missionaria. Come pure vogliamo sollecitare una fraterna ed ampia collaborazione, nei modi più opportuni, con tutte le famiglie francescane, maschili e femminili. 123
- Ricordiamo inoltre che la chiesa particolare non può dirsi impiantata nella sua interezza se non esiste una pluralità di esperienze e di dimensioni spirituali; pluralità di cui sono portatori i diversi Istituti. Si auspica perciò pluralità di presenze nello stesso ambiente missionario. 124 Questo comporta la diminuzione dei «blocchi», di presenza, che alle volte condizionano la crescita delle varie espressioni della chiesa particolare.
- Vogliamo sottolineare la necessità del coinvolgimento dei laici, ad ogni livello, nella nostra opera di evangelizzazione: laici esteri, spiritualmente e tecnicamente formati, e accettati per un parti colare compito; 125 laici autoctoni, promossi e formati per il servizio alle loro chiese particolari.
Non basta che i nostri missionari lavorino molto e con molti sacrifici per gli altri, bisogna che lavorino con gli altri. Perciò nulla facciano o progettino senza o fuori della chiesa locale. L'autentica attività e cooperazione missionaria non è «a senso unico». Anche le giovani chiese hanno un messaggio da offrire alle chiese antiche e alle nostre province, arricchendole con i loro valori religiosi, culturali, sociali, politici, ecc. L'agente principale di questa «missione a rovescio» («reverse mission») è il missionario. 126 Nei rientri periodici in provincia egli troverà un'occasione favorevole per compiere questo eccellente lavoro di cooperazione interecclesiale.
5. Organismi di animazione
42 I segretariati «per le Missioni» devono essere, anzitutto, centri di animazione missionaria e interecclesiale. 127
Vi siano preposti frati preparati e sensibili, che si dedichino ad un'opera di studio, documentazione, ricerca, animazione.
Questa animazione si svolge sia a livello interno dell'Ordine, sia nelle chiese particolari dove viviamo: gruppi, parrocchie, mass-media, e ogni altro ambiente e organizzazione civile e religiosa.
La nostra opera di animazione sia inserita nella chiesa locale e affidata, in quanto possibile, più che ad una persona, ad un'equipe o ad una fraternità disposta a questo servizio.
Nell'impostare la propaganda missionaria ci si guardi da forme poco rispettose. Non si concorre alla formazione di una coscienza missionaria con certi contenuti per nulla opportuni ed adeguati alla crescita di un popolo e di una chiesa particolare. Le mostre, le giornate di animazione, le pubblicazioni, ecc. mettano in rilievo il messaggio positivo dei valori autoctoni delle genti in mezzo alle quali vivono ed evangelizzano i missionari.
Oltre ai compiti normali, il nostro segretariato generale «per le Missioni» sia pure un centro di ricerca, di animazione e di documentazione 128 al servizio dei superiori generali e di tutto l'Ordine, per una presenza missionaria nel mondo e per una sempre più autentica e profonda sensibilità missionaria fra di noi.
Gli aiuti finanziari che i nostri centri possono destinare alle «missioni» siano distribuiti, in accordo con i superiori, dopo una conveniente programmazione, che tenga conto delle varie necessità.
6. Problemi economici
43 Tutti sono d'accordo che il problema economico non è uno dei più urgenti e preoccupanti. Anzi, in alcuni luoghi e circostanze, la particolare disponibilità di mezzi è stata dannosa: case non consone all'ambiente in cui venivano collocate; opere sproporzionate e rivelatesi inutili e costrette a chiudere, mezzi di comunicazione eccessivi, tecniche non certo in sintonia con l'ambiente, tenore di vita troppo differente da quello delle persone con le quali eravamo chiamati a vivere, ecc.
I nostri missionari, in rapporto alle chiese locali, devono collocarsi amministrativamente al pari con gli altri missionari: avere aiuti e sussidi, convenzioni e temporanei impegni.
L'amministrazione e la programmazione delle iniziative siano concertate in comune e non siano riservate al solo superiore ne tanto meno al singolo religioso. Il nostro voto di povertà e la nostra professione minoritica hanno una validità tutta particolare per ognuno di noi; quindi si disapprova il peculio personale e ogni spesa e opera privatamente decisa e finanziata.
Si plaude a quelle«missioni», in cui ogni anno o più volte all'anno, i missionari si incontrano insieme per prendere di comune accordo le decisioni circa le spese per l'apostolato, i mezzi di comunicazione, gli edifici e la vita quotidiana.
La preoccupazione del missionario non sia quella di fare opere grandiose, ma piuttosto opere modeste e autosufficienti, in modo che, alla sua partenza, esse possano continuare senza particolari difficoltà e senza la necessità di ulteriori finanziamenti.
D'altra parte, nella prospettiva di una autentica promozione, il missionario non dimenticherà le grandi possibilità che ha di svegliare la volontà del popolo per uno «sviluppo comunitario», che sia sostenuto possibilmente anche dai grandi organismi internazionali di cooperazione. 129
7. Adattamenti giuridici
44 Le riflessioni che abbiamo fatto nelle pagine precedenti portano anche ad alcune conclusioni di ordine giuridico, che non possiamo lasciare in disparte, perché sono come l'incarnazione concreta di esse, e di quanto è stato detto nei numeri 32, 34 di questo documento.
Ecco pertanto alcune conclusioni che il CPO presenta, secondo le rispettive competenze, al definitorio generale e al capitolo generale, per una concreta ristrutturazione delle nostre presenze nel l'attività missionaria.
MISSIONE E PROVINCIA
45 Le nostre attuali «Missioni» siano trasformate in viceprovince o province, eventualmente anche mediante la fusione delle viceprovince e missioni vicine, quando ciò sia possibile, a giudizio del definitorio generale, tenuti presenti i nn. 98,3 e 99,1 delle costituzioni. 130
- Se la missione è unica, retta da una sola provincia nell'unica regione, il passaggio a viceprovincia o provincia può essere molto facile, perché gli elementi costitutivi non cambiano.
Però si deve avvertire che di fatto devono cambiare la mentalità e la psicologia dei missionari. Esiste, infatti, una entità nuova, che deve cercare più incisivamente la propria identità di chiesa locale, in tutte le sue dimensioni, compresa la «implantatio Ordinis». Tutti i missionari esteri dovrebbero inserirsi nella nuova entità giuridica, come veri membri di essa, sempre con la libertà di ritornare, in futuro, se lo vorranno, nella provincia di origine.
I relativi rapporti, se si tratta di viceprovincia, tra questa e la provincia sono già contemplati nelle costituzioni, poiché in questo caso la nuova viceprovincia dipende sempre dalla provincia.
- Se due o più province hanno missioni nella stessa regione, si dovrebbe creare un'unica viceprovincia o provincia, che nel primo caso, sarà dipendente dal ministro generale.
Dal momento che vi sono più province interessate, nel consiglio della viceprovincia, oltre il gruppo di frati autoctoni, i gruppi dei missionari esteri dovranno essere rappresentati per un necessario coordinamento e per il rapporto con le singole province. Qui si potrebbe studiare una specie di forma regionale, precisando i rapporti con le province mediante opportune convenzioni.
- Se più province lavorano nella stessa missione, si crei ugualmente un'unica provincia o viceprovincia, dipendente dal ministro generale.
Il consiglio della viceprovincia sia composto di tanti consiglieri quanti sono i gruppi esistenti.
Anche in questo caso, tutti i membri dovrebbero appartenere alla nuova viceprovincia, con la libertà di poter tornare alla provincia di origine, qualora lo desiderassero.
Si faccia ugualmente un contratto per regolare i rapporti tra la viceprovincia e le province collaboranti, sia per il personale, sia per le finanze ed altro.
CUSTODIE
46 Per quelle missioni che non possono essere erette in viceprovince o province, il CPO propone che siano chiamate CUSTODIE. Tuttavia, questo termine non potrà essere introdotto, prima che il capitolo generale si sia pronunziato in merito.
La loro figura giuridica rimane quella delle attuali missioni nelle costituzioni.
LE DELEGAZIONI
47 Le delegazioni che si trovano in una regione dove esistono province o viceprovince, (Custodie), siano integrate in questi organismi esistenti.
Le delegazioni, invece, che si trovano in regioni dove non esistono strutture dell'Ordine, saranno chiamate Custodie.
Il custode avrà quelle facoltà che il ministro generale o il ministro provinciale, secondo la dipendenza, gli concederanno.
I superiori generali vengono esortati per il futuro a non permettere questo tipo di presenze, quando non vi fossero garanzie di condurvi una vera vita fraterna, e non vi fossero prospettive di sviluppo ne per la vita e attività apostolica, ne per la «implantatio Ordinis».
48 Vi sono inoltre, in varie regioni, gruppi di frati, che non sono vere e proprie delegazioni, ma vivono di fatto fuori provincia e dentro altre province o viceprovince, senza dipendere dai superiori di queste. La loro lontananza dai propri superiori e confratelli e la non dipendenza dai superiori del luogo, privano questi nostri fratelli dei molti benefici della vita in fraternità. Ci sembra opportuno che anche queste situazioni siano prese in considerazione dai superiori generali per una soluzione.
PRIORITÀ IMPEGNI MISSIONARI
49 Si dia la priorità agli impegni missionari già esistenti, facendo però un esame critico delle reali situazioni dei medesimi, in modo da non impedire la possibilità di assumere impegni anche in altri luoghi, principalmente per la «implantatio Ordinis». 131
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