II° Consiglio plenario
LA PREGHIERA

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APPENDICE
TEMA E AMBIENTAZIONE
DEL II° CONSIGLIO PLENARIO DELL'ORDINE


Il Consiglio Plenario dell'Ordine e l'organismo che «esprime il rapporto vitale tra l'intera fraternità e i suoi moderatori supremi, promuove la corresponsabilità e la collaborazione di tutti i frati e favorisce l'unità dell'Ordine e la comunione nella pluriformità» (Cost. 123,1).
Tale organismo, costituito con decisione del capitolo generale del 1970, fu convocato per la prima volta a Quito (Ecuador) nei giorni 4-24 ottobre 1971, per trattare i problemi:
a) dell'America Latina;
b) della vita di fraternità;
c) della povertà francescana.

Al termine di quella prima riunione, vista la imponente mole del lavoro che si era dovuto affrontare e la difficoltà di poter approfondire temi così impegnativi, si auspicò che nelle future riunioni si affrontasse un solo problema.
Il tema proposto dal definitorio generale allo studio della seconda riunione del Consiglio Plenario, é stato quello della «Preghiera».
I trenta partecipanti (ministro generale e otto definitori, più una ventina di delegati delle varie Conferenze dei superiori maggiori, provenienti da tutti i continenti) hanno trascorso a Taizé un intenso periodo di studio e di feconda esperienza di fraternità e preghiera. Il documento che il definitorio generale ha promulgato in tutto l'Ordine é maturato in tre settimane di ricerca e di lavoro, nelle quali i membri del Consiglio Plenario sono stati intensamente impegnati:
  1. - È stata una intensa esperienza di preghiera sia a livello di liturgie comunitarie quotidiane, sia a livello di paraliturgie, promosse in maniera varia e stimolante, da parte dei cinque gruppi linguistici.
  2. - È stata una seria ed approfondita ricerca condotta su un rigoroso piano di studio storico-teologico, nel quale erano inserite ampie e ricche relazioni, cui seguivano impegnate e vivaci discussioni a livello plenario e di gruppo: un lavoro di collaborazione veramente fraterno e costruttivo.
  3. - È stata una preziosa esperienza ecumenica intessuta di quotidiani incontri di preghiera e di fraterni e franchi colloqui individuali e collettivi con il Priore ed i monaci della comunità ecumenica di Taizé. Pur non essendo stata quest'ultima l'esperienza più rilevante, ne parleremo più ampiamente, per essere stata essa quella più caratteristica, é quella che ha creato il fecondo contesto ambientale per tutti i lavori del Consiglio Plenario.
    • Perché il definitorio generale ha scelto come tema la preghiera?

PAOLO VI, nella «Evangelica Testificatio», n. 42, ammonisce solennemente: «La fedeltà alla pre ghiera o il suo abbandono sono il paradigma della vitalità o della decadenza della vita religiosa».
La nostra identità cappuccina che l'Ordine, dietro la guida vitale del rinnovamento, intende riscoprire e riaffermare, non é costituita solamente dalla fraternità e dalla povertà (elementi studiati a Quito), ma é soprattutto fondata su una intensa comunione con Dio, su una vita di preghiera in Cristo; nell'essere e nel poterci presentare al mondo come uomini ricchi di interiorità, come esperti di divinità.
Il disagio provocato in tante coscienze dalla revisione di vita in atto, determinata dalla applicazione dei coraggiosi orientamenti conciliari; ma soprattutto lo sconcerto causato dall'affermarsi dei fenomeni corrosivi della secolarizzazione, dell'orizzontalismo, dell'attivismo e del tecnicismo, hanno causato, nell'animo di tanti cristiani, come pure nell'ambito degli Ordini religiosi, una forte crisi di fede e conseguentemente una preoccupante crisi di preghiera. Tale duplice crisi può mutuare le sue spiegazioni anche dal fatto che il superamento del devozionalismo e del formalismo promosso dalla riforma liturgica al fine di avviare i credenti ad una preghiera più consapevole, più personale, più biblica e più autentica, ha portato all'abbandono di pratiche e formule tradizionali di preghiera, senza che si fosse ancora pervenuti a trovare espressioni nuove ed adeguate, per tradurre un più intimo e consapevole colloquio con Dio, da attuarsi nell'orazione e nella attività quotidiana. Era la prima fase di una feconda crisi di sviluppo.
L'eccessivo culto del tecnicismo e dell'attivismo, alienanti spesso da una profonda ed intensa vita con Dio, ha lasciato aridità e vuoto negli spiriti ed ha fatto riemergere provvidenzialmente il bisogno di Dio. La esigenza della interiorità, la necessità e la urgenza di attingere alle sorgenti di Dio con una preghiera più viva, più profonda, più capace di investire e illuminare tutta la vita, tutte le singole atti vita, e soprattutto i quotidiani rapporti sociali con i nostri simili, nei quali dobbiamo saper riscoprire il volto di Cristo, sono i fenomeni della seconda tappa per un più leale incontro con Dio.
Il bisogno e la ricerca di una preghiera più vera e più autentica ci hanno resi consapevoli che tante nostre preghiere erano aride e inefficaci, perché non sempre erano preghiera. Erano forse degli orgogliosi soliloqui religiosi; erano forse un perditempo aristocratico e alienante; a volte erano ancora esercitazioni della fantasia e della intelligenza nella compiacente ricerca di verità religiose sempre più originali nelle loro modulazioni; a volte ancora un narcisismo pseudo-mistico che agiva da narcotico ai reali problemi della nostra vita e del nostro tempo. Ma spesso non erano preghiera; perché la pre ghiera non investe solo qualche tempo e qualche zona dello spirito umano e del cristiano; la preghiera é un costante consapevole rapporto amoroso con Dio; deve quindi investire tutto l'uomo, tutte le sue facoltà, tutte le sue attività, tutta la sua vita. Una preghiera che sia vita, una vita in stato di preghiera per il rinnovamento radicale e vitale di tutti i nostri comportamenti: ecco la prospettiva che il definitorio generale ha creduto di proporre al Consiglio Plenario dell'Ordine, in vista di una maturazione feconda e innovatrice della crisi che ci sta purificando e che ci sta riportando alle sorgenti della vita.
    • Perché é stato scelto Taizé per un rinnovamento della preghiera?

La decisione di celebrare la seconda riunione del Consiglio Plenario a Taizé fu presa dal definitorio generale, dopo lunga ed approfondita discussione. Le molteplici e apparentemente ovvie possibilità di scelta furono esaminate con viva attenzione:
Assisi la Verna, l'India (paese delle più antiche filosofie e del misticismo religioso), ecc. Ma chi di noi non conosceva già alla perfezione i contenuti del messaggio della Verna, di Assisi, e pure dell'India e della sua religiosità?
E come mai tali messaggi, pure noti alla totalità dei nostri religiosi, ci hanno lasciati cadere nell'attuale crisi di interiorità e di preghiera?
Non si trattava di riscoprire messaggi o di imparare nuovi metodi di preghiera; si trattava di ricercare il dono il carisma della preghiera. E questo non ce lo avrebbero potuto donare, ne le antiche e sacre mura di Assisi, ne i maestosi boschi o le orride e pur avvincenti rupi della Verna. Francesco e i nostri grandi confratelli santi ebbero il carisma della preghiera; e noi lo abbiamo invocato da Dio per la loro valida intercessione. Poi, sapendo che i carismi dati da Dio a singole anime o a gruppi di credenti sono carismi dati alla Chiesa e per la Chiesa, abbiamo esteso il nostro sguardo al mondo, per vedere dove si riveli oggi, in maniera più valida e convincente, il carisma della preghiera.
Il nostro sguardo si fermo a Taizé: per scegliere Taizé come sede della seconda riunione del Consiglio Plenario sarebbe stato necessario un grande atto di umiltà e di coraggio di fronte all'Ordine tutto. Si previdero le incomprensioni e le contestazioni e si decise di affrontarle in vista del bene nostro e di tutto l'Ordine. Per riscoprire la preghiera e per avviare un nuovo colloquio con Dio, occorreva metter si nelle condizioni di quella povertà ed umiltà di spirito che tanto piacciono a Dio e che aprirono a san Francesco i segreti celesti; occorreva ritrovare la difficile condizione di discepoli, in piena disponibilità alla voce di Dio. E si scelse la via di Taizé.
Un luogo umile, remoto, silenzioso, dove, non le mura, la storia, i boschi o le rocce, ma gli uomini e soprattutto i giovani, travolgono con l'esempio ed insegnano, quasi costringono, a pregare; con una preghiera che é tutta da riscoprire.
Ci siamo esposti così, noi maestri e padri putativi di spiritualità, a ricevere la lezione forte e scioccante dei monaci di una comunità ecumenica; a subire il fascino di centinaia di giovani «hippies» venuti da tante parti del mondo, per ritrovare se stessi e Dio, in una preghiera fatta di silenzi profondi e travolgenti.
    • Valeva dunque la pena di andare a Taizé?

Quando il profeta Eliseo fece sapere a Naaman il Siro, che se voleva guarire doveva lavarsi sette volte nel Giordano, egli rispose indignato: «I fiumi di Damasco, l'Abana e il Farfar, non sono forse migliori di tutte le acque di Israele»? (2 Re 5,12).
Assisi, la Verna... non hanno acque più pure e più fresche di quelle di Taizé?
Oggi ci pare che il nostro umile pellegrinaggio a Taizé, e la nostra coraggiosa scelta, siano stati davvero provvidenziali e fecondi. Crediamo anzi che lo stesso pare nostro san Francesco, il quale cercava e coglieva la voce di Dio in tutte le creature ed in tutti gli avvenimenti più umili, non si sarebbe lasciata sfuggire questa occasione di riscoprire Dio la dove altri nostri fratelli sembrano averLo trovato con maggiore immediatezza e per vie più evangeliche, più povere e forse più francescane.
    • Taizé: una esperienza di preghiera

Siamo giunti a destinazione la domenica del 18-2-73, a tarda sera, accolti da un vento gelido e da una intensa nevicata che ci preannunciava una permanenza veramente invernale. Per tutta la prima settimana, neve, vento, pioggia, e cielo sempre coperto e cupo: un clima da esercizi spirituali «chiusi». Dalla domenica 25 febbraio, sole, bel tempo e atmosfera più mite e conciliante, nonostante l'aria pertinacemente fredda e pungente al mattino e alla sera.
Taizé é un piccolo villaggio agricolo, sperduto in una vasta zona collinosa alta 210 metri; é costituito da un raggruppamento di vecchie abitazioni, in parte disabitate, al centro delle quali sorge una graziosa e ben restaurata chiesa romanica. Taizé posta a circa 100 chilometri a nord di Lione, sulla gran de autostrada Marsiglia-Lione-Parigi, fa parte del Dipartimento Saone e Loire nella Borgogna, e religiosamente, come parrocchia, dipende dalla giurisdizione della diocesi di Autun. Gli abitanti del piccolo villaggio sono appena una settantina e sembrano vivere isolati, ed ignari dei grandi fenomeni religiosi di cui il mondo li ritiene artefici. I membri del Consiglio Plenario dell'Ordine erano sistemati in un casolare campestre, recentemente restaurato e destinato ad accogliere i pellegrini della preghiera; esso faceva parte di un altro raggruppamento di case tra le quali sembra abitasse un'altra cinquantina di abitanti quasi irreperibili, e che costituiscono il villaggio di Ameugny, ad un chilometro da Taizé.
Taizé è veramente un luogo di religioso richiamo: a parte il fatto della privilegiata ubicazione in una zona ampia e leggermente ondulata per una teoria di collinette nelle quali prevale l'agricoltura e l'allevamento, e dove il silenzio ed il raccoglimento sono offerti ed imposti dalla natura del luogo e difesi dalla riservatezza e dalla rarità degli abitanti, Taizé e a soli 7 chilometri dai grandiosi resti della famosa abbazia di Cluny; a 60 chilometri da Ars, resa celebre dall'opera del santo curato Giovanni Ma ria Vianney, a 80 chilometri da Paray-le-Monial dove c'e il famoso monastero della Visitazione, celebre per le apparizioni del S. Cuore a santa Margherita Maria Alacoque, di cui ivi si conserva e si venera il corpo.
Ma Taizé è soprattutto celebre per la presenza e per l'opera dei «Monaci», o, meglio, dei «Fratelli» di Taizé! Sono quarantacinque questi «Monaci», ma voi cerchereste invano il loro monastero tra le umili abitazioni del villaggio: il monastero di fatto non esiste. Avrebbe potuto intralciare la loro testimonianza ardita e profetica.
Roger Schutz, il priore di questa originale comunità, uomo veramente straordinario e carismatico, giunse a Taizé nel 1940 e diede inizio ad una coraggiosa opera di assistenza ai rifugiati e ai fuggiaschi, unitamente ad una paziente catechesi religiosa per gli abbandonati abitanti della zona che egli raccoglieva nella chiesa romanica del paese. Perseguitato dalla Gestapo, nel 1942 dovette fuggire; vi ritorno nel 1944, accompagnato dai tre primi «Fratelli» decisi a dare inizio, con lui, ad un nuovo tipo di vita comunitaria e di impegno ecumenico.
Nel 1949 il primo gruppo di «Fratelli» si impegnava al celibato, alla comunità dei beni e alla accettazione di una autorità.
La «Comunità» comprende attualmente un centinaio di membri, di cui una cinquantina a Taizé ed altri, a gruppi di poche unita, dispersi tra i poveri, particolarmente nelle zone meridionali.
A Taizé, essi vivono a piccoli gruppi in abitazioni sparse, acquistate alla fine della guerra, da loro restaurate e nelle quali accolgono anche pellegrini ai quali prestano la loro assistenza sociale e religiosa.
Essi rifiutano offerte e donazioni e vivono esclusivamente del loro lavoro; alcuni di loro sono professionisti (ingegneri, medici, ragionieri) e lavorano nelle città vicine nelle quali si recano ogni giorno; altri sono operai, minatori, agricoltori. Alcuni lavorano in una loro fabbrica di ceramica artistica, altri nella tipografia.
I «Fratelli» appartengono alle diverse chiese cristiane d'Europa e d'America; tra di essi ci sono pure alcuni cattolici, e qualche ortodosso. La comunità come tale non é protestante, ma «ecumenica»: si dichiara cioè impegnata a realizzare l'unica vera Chiesa di Cristo. Nelle loro riunioni periodiche i «Fratelli» discutono e concordano anche i punti comuni di intesa dottrinale e maturano progressivamente ad un arricchimento religioso nel quale sembra manifestarsi la luce di Dio. Tra di essi, del resto, vi sono uomini di profonda riflessione e di attento studio, quali il priore Roger Schutz, ed il teologo di fama mondiale Max Thurian. A poche centinaia di metri dal vecchio agglomerato di Taizé, sorge la chiesa della Riconciliazione, una austera costruzione in cemento, disadorna e senza particolari pretese stilistiche, ma ricca di forte simbolismo ecumenico.
Nelle vicinanze della chiesa vi sono le varie case, i capannoni e le tende per l'accoglienza degli ospiti e dei pellegrini.
I «Monaci» della comunità si riuniscono tre volte al giorno nella chiesa per la preghiera comune del mattino, del mezzogiorno e della sera; a quegli incontri oranti, i «Fratelli», provenienti dalle varie sedi del loro lavoro, convengono immancabilmente tutti. L'ora della preghiera, annunciata da un festoso suono di campane, é veramente il momento forte della vita e della attività di Taizé.
Si entra in chiesa a frotte, si scendono i gradini che portano in piano, si cerca il proprio posto e la propria posizione sul tappeto che copre il pavimento, e sul quale sono sparsi i salteri e qualche sedile; in fondo alla chiesa, su un piano rialzato, il presbiterio con una mensa spoglia. A sinistra di esso, una grande icone greca di Madonna, illuminata da alcune lampade a colori. Nella cripta, sotto il presbite rio, la cappella cattolica dove è conservata la Santissima Eucarestia e dove spesso il priore Schutz riceve la comunione dal celebrante cattolico. Accanto la cappella ortodossa.
La penombra del tempio é resa più mistica da una razionale disposizione di luci a colori sulla parete di fondo; il suono dell'organo, toccato con delicatezza da uno dei «Monaci», prepara ed accompagna i momenti più solenni della preghiera individuale e comune.
I «Monaci», in cappa bianca, si sistemano al centro della chiesa; attorno ad essi alcune centinaia di ospiti, abitualmente giovani, che partecipano alla preghiera.
Un cantico, un salmo, una o più letture bibliche sintetizzate nelle principali lingue, ed un canto fina le. Una preghiera semplice, senza pretese e senza toni trionfalistici; in questo sobrio schema sono inseriti due silenzi di circa 10 minuti ognuno. Forse sono questi silenzi, religiosamente preparati, che costituiscono il fascino di Taizé. Nella penombra mistica del luogo, guidati dal suono sommesso ed ispirato dell'organo, ci si sente presi dal profondo raccoglimento dell'assemblea. Tutti sembrano com presi da un arcano misticismo, da un interno colloquio che assorbe tutta la persona degli oranti. Poi, a rompere quel silenzio, o a raccoglierne e sintetizzarne l'efficacia, la voce solenne, lenta e meditativa del priore Schutz, che formula un richiamo evangelico, che declama una preghiera conclusiva, che invoca una benedizione su tutti.
Nella chiesa della Riconciliazione, oltre le tre ore di preghiera quotidiana, nei giorni festivi si alternano le celebrazioni della «Cena» da parte delle confessioni non cattoliche e le celebrazioni della Messa da parte dei «Monaci» cattolici: gli uni e gli altri si scambiano il servizio di canto e di assistenza nelle rispettive liturgie.
Sarebbe difficile dire quale sia l'elemento che dona tanta attrattiva e tanto fascino a Taizé ed alla preghiera dei «Monaci» di quella singolare comunità.
Certo é che da anni i giovani vi convengono a migliaia da tutte le parti del mondo: 16.000 erano per la Pasqua del 1972 quando il priore Roger Schutz annuncio il «Concilio mondiale della gioventù» che avrà inizio nel 1974, durerà vari anni e porterà a Taizé altre migliaia di giovani alla ricerca di Dio.
Taizé fa sentire agli uomini che una vera ed autentica comunione con Dio porta necessariamente a vivere in sincera e piena comunione di vita con i nostri fratelli: poiché l'amore cristiano e indivisibile.
L'aver percepito in maniera forte e incisiva, specialmente nei colloqui col priore Roger Schutz, questo valore unificante della preghiera, l'aver intuito che Cristo é la nostra preghiera, la nostra «Parola» di amore al Padre, e che pregare significa vivere Cristo e fare nostra questa «Parola» divina, crediamo sia proprio questo il grande dono di Dio ai «pellegrini della preghiera». E questo é quanto essi vorrebbero trasmettere a tutti i religiosi dell'Ordine col «Documento della seconda sessione del Consiglio Plenario».

P. GUGLIELMO SGHEDONI
Vic. Gen. O.F.M.Cap.
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