Arsenio
da Trigolo, Pensieri sparsi
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Sul finire della vita vostra, pare il vostro amore si centuplichi, appunto
come il buon padre moribondo che non sa staccarsi dal figlio, e che ricolma
di santi ammonimenti e ammaestramenti, perché desidera cresca bene,
ed averlo poi seco in paradiso. Così voi, o mio Gesù, in
tutta la vostra vita, non faceste che ammaestrarmi e coll'esempio e colle
parole in tutte le virtù, qui nell'ultimo giorno, mi rinnovate tali
esempi, ma in modo più sublime, mi date esempio di un'obbedienza,
umiltà, disprezzo del mondo, povertà, amor del patire fino
a lasciarvi crocifiggere nudo su d'una croce. Quanto ho io d'imparare di
andare sempre crescendo di virtù in virtù e di perfezione
in perfezione, come Gesù Cristo me ne dà esempio.
[27] Mio caro Gesù, perché avete permesso che a voi fosse dato fiele invece di buon vino generoso, come soleasi dare ai condannati al supplizio della croce? I tuoi peccati di lingua, i tuoi discorsi cattivi, le tue parole oscene e sconce, le tue mormorazioni, detrazioni, calunnie, amareggiarono ben più la mia bocca che non quel fiele, ma l'ho permesso per cancellare anche con questa mia pena i tuoi gravi peccati. Oh! Se sapesti quanta pena mi recano i peccati di lingua, poiché non sono mai soli, ma moltiplicano quasi all'infinito: quanto danno non recano alle anime da me redente con tante mie pene, i discorsi cattivi, le calunnie[!]. Sono come una fiaccola gettata in un pagliaio, nella stoppa: quale incendio non producono tanto di danno a moltissime anime; oh! Quante di queste anime [28] io perdo per cagione di cattivi discorsi o fatti o uditi; quante anime innocenti per essi rovinate per sempre all'inferno, quante tribolazioni ingiuste a tante anime buone per le calunnie; e le bestemmie qual crudo dolore non producono al mio cuore: io maledetto, bestemmiato da chi ho tanto beneficato e benefico nell'atto stesso che mi maledice, conservandogli la lingua!!
Mio Gesù, oh! Quante volte, oh! Quante io vi ho così crudelmente amareggiato. Deh! O caro Gesù, voi ora vedete il mio pentimento, perdonatemi; deh! Datemi grazia che d'ora innanzi la mia lingua non trascorra più ad offendervi, anzi, con la vostra grazia, io mi sento di promettervi, come di cuore vi prometto, di star proprio sopra me stesso e non usarla se non in bene e gloria vostra.
[29] Purtroppo ora comprendo il gran male che io ho fatto con
essa, ma deh! Fate che la mia vita d'ora innanzi sia una vita di espiazione
e di riparazione col buon esempio ai tanti mali e danni cagionati in altri
colla mia lingua. Datemi grazia che d'ora innanzi io custodisca gelosamente
il silenzio in riparazione ed espiazione dei gravi miei peccati commessi
col mal uso della mia lingua.
Caro mio Gesù io non posso alzar gli occhi a voi senza vedervi quasi una piaga sola. Ditemi, caro Gesù, quelle piaghe nelle vostre sacratissime mani che mi dicono? Pensa a' tuoi peccati commessi con le tue mani, e capirai tosto perché ho permesso che mi fossero traforate da duri chiodi! E da questo crudo mio spasimo pensa quanto dolorosi mi furono que' tuoi peccati che [30] fin dai primi anni incominciasti a commettere; quasi non ancor bene mi conoscevi, e già mi offendevi. Sì, o mio Gesù, il vostro dolce rimprovero mi fa sovvenire tutti i miei peccati commessi col tatto, e di tutto cuore io ne domando con tutto il cuore perdono. Oh! Non avessi conosciuto il peccato: quanto mi dispiace o Signore d'avervi così offeso: io vi prometto colla vostra grazia che d'ora innanzi sarò molto riservato colle mani.
E vedi anche i miei piedi crudelmente traforati. Tutti i passi che tu hai fatto per recarti a peccare questi mi conficcarono quei duri chiodi che me li trapassarono da banda a banda, e volentieri anche questo ho sofferto per cancellare con quello spasimo i tuoi peccati, che altrimenti ti avrebbero precipitato all'inferno per tutta l'eternità. Il mio cuore non reggeva [31] il vederti eternamente dannato, perciò ho offerto io per te degna soddisfazione al mio Padre.
Io vi ringrazio, o mio Signore Gesù, dell'infinito amore che voi mi portate fin dall'eternità, ma fatemi la grazia che anch'io vi riami, ma vi riami come voi amate me. Voi per me tanto patite, fate che ancor io sappia sopportare per vostro amore tutte quelle croci, molestie e traversie che a voi piace mandarmi. Fate che anch'io operi sempre tutto quello che faccio, per vostro amore, e di nulla mi lasci rincrescere di fare per vostro amore.
Alzando a voi il mio sguardo, o mio Gesù crocefisso, io vi veggo tutto una piaga sola per la crudele flagellazione cui foste poco prima barbaramente sottoposto. So già, o caro Gesù, che cosa volete dirmi: il per[32]ché vi siete ad esso sottoposto. I miei peccati di sensualità me lo dicono troppo chiaro. O caro Gesù, come fui mai io con voi crudele e spietato; e anche dopo che sapeva quanto avete sofferto per cancellare tali peccati, quante volte non vi offesi ancora! Quante volte con essi mi sono meritato l'inferno, e se non vi sono già precipitato, a che lo devo, o mio Gesù, se non alla vostra infinita bontà e misericordia e all'intercessione della vostra e mia cara madre Maria SS.: oh! Certo che posso gratias ti[bi]bi, Virgo, quia non ardeo: et in aeternum misericordias Domini cantabo.
Sentite, caro Gesù, io non finirei mai di star qui dinanzi a voi per amor mio crocifisso, a ringraziarvi di tanto e sì smisurato benefizio che voi mi avete fatto colla vostra crocifissione, ma ditemi, caro [33] Gesù, che cosa posso fare anch'io per voi e me stesso, onde corrispondere in qualche modo a quanto voi fate per me? Fatemelo capire bene che lo voglio fare.
Ecco, Arsenio, io sono morto per te, così tu muori per me; e in che modo? Morendo a te stesso e vivrai sempre con me. Morendo alla tua volontà per solamente fare quella del mio Divin Padre come te ne ho dato l'esempio io, obbedendo in tutto a' tuoi superiori, lasciandoti da essi muovere e governare come corpo morto, come ho fatto io in tutta la mia passione: uniformandoti in tutti gli eventi e circostanze alla volontà del mio divin Padre che tutto regge e governa pel tuo maggior bene, come te ne ho sempre dato l'esempio io. Sottometti in tutto il tuo giudizio a quello de' tuoi superiori, uniformandolo al loro giudizio, perché così facendo l'uniformi a quello del mio Divin Padre, come ho sempre [34] fatto anch'io in tutta la mia vita che fui in tutto soggetto a Maria e a Giuseppe. Muori al tuo amor proprio non cercando mai d'operare per fini storti e umani cercando te stesso, la tua gloria, il tuo onore, di piacere alle creature. Segui il mio esempio che ho sempre fatto e detto: "Non quaero gloriam meam, sed eius qui misit me" [Cfr. Gv 5,30](2). Anche tu fa e ripeti spesso a te stesso: non cerco la mia gloria, ma di colui che mi ha creato e redento e santificato, e mi conserva in vita continuamente nonostante tutti i moltissimi miei demeriti. Muori a' tuoi sensi con la continua mortificazione di essi, degli occhi specialmente e lingua, e di tutti gli altri, poiché questi sono quelli che ti tengono vivo a te stesso, alle tue passioni [35] e morto alla mia grazia. Muori al mondo e a tutte le sue massime e piaceri, non regolandoti mai con esse, né cercare di gustare i suoi falsi piaceri che non sono che veleni che danno morte all'anima. Sappi che il mondo l'ho da me ripudiato: non rogo pro mundo; anche tu a mio esempio disprezzalo in tutte le sue massime e piaceri e seguimi nella povertà e nell'abiezione, e troverai la vita eterna. "Ego sum via, veritas et vita" [Gv 14,6]: mirami qui su questa croce, spogliato di tutto, da tutti disprezzato, in un mare di dolori, e tutto questo per amor tuo, per liberarti dalla schiavitù del demonio, dalle tue passioni ed insegnarti la via da praticare, la verità da credere per giungere alla vita eterna e beata meco in Paradiso. Inspice et fac sicut exemplar [Cfr. Es 25,40] et vives in aeternum .
Caro Gesù, come mi avete ispirato queste cose, aiutatemi ora a praticarle.
[36] Prega e otterrai; ricorri d'aiuto della Madre mia SS., qui
afflitta per te e per me, e ti aiuterà. Considerazione, meditazione
e preghiera ed otterrai.
Ascolta che cosa ti dice da quel presepio e su quella paglia Gesù Bambino: "Nisi efficiamini sicut parvuli non intrabitis in regnum coelorum" [Mt 18,3]. Ecco un perché volli farmi bambino all'esterno sebbene sia Dio all'interno, uguale al Padre, sapiente, potente etc., perché da me impariate voi già adulti, voi saggi, voi sapienti, voi prudenti, a farvi bambini, piccini: bambini nell'umiltà, come i bambini che si tengono e di tutti i più piccoli e considerano tutti superiori a sé; bambini nel proprio giudizio che lo sottomettono in tutto a' loro genitori; bambini nella volontà che si lasciano da' lor genitori ma[37]neggiare come vogliono e portare ovunque; bambini nella semplicità: "est, est, non, non" [Mt 5,37]; bambini nel candore; bambini nell'innocenza de' costumi; bambini nella prontezza a dimenticare le offese; bambini nella tenerezza dell'amore; bambini nel fidarsi intieramente nelle braccia della divina provvidenza e volontà divina, come loro nelle braccia della lor madre; bambini nel credere tutto ciò che la fede, che Gesù Cristo ci insegna e coi fatti e colle parole, come loro tutto credono a ciò che esce dal labbro materno, e ne imitano i gesti e le azioni della lor tenera madre; bambini nella totale dipendenza da chi ci regge come loro da' lor genitori e non toccano e non fanno senza prima dirlo alla mamma.
[38] Quanto, quanto vi è da imparare e praticare e correggere
in noi, da questa sì sublime verità uscita dalle labbra stesse
di Gesù Cristo: se non ci faremo bambini di costumi, di volontà,
di giudizio, non potremo entrare nel regno de' cieli. Oh! Se l'avessimo
sempre presente questa sentenza di quanto aiuto e giovamento nella via
della salute, della perfezione. Oh! Se tenessimo sempre sotto gli occhi
la viva immagine di Gesù Bambino, in fasce, sulla paglia; di Gesù
Bambino in grembo alla sua madre SS.; Gesù Bambino grandicello nella
casetta di Nazaret, sebbene Dio, in tutto soggetto a due sue creature come
un vero figlioletto, dipendente in tutto dai cenni di Maria e Giuseppe,
oh! Quanto avreste da imparare. Caro Gesù, datemi grazia d'avervi
sempre presente e imitarvi.
Qual cosa di grande vuol da voi il Signore, se non da tutti in effetto, certo da tutti almeno coll'affetto, coll'appoggiare e aiutare chi in effetti si sentirà che Dio chiama ad aiutarlo in una grand'opera. E qual è quest'opera?! L'educazione della tenera gioventù, dei ragazzetti, di queste tenere pianticelle che si piegano ad ogni vento, e come molle cera si lasciano facilmente foggiare da chiunque li maneggi e stampa su loro delle impronte. Oh! se sapeste come stanno a cuore al Signore questi bambini! Gli sono tanto cari, quanto se stesso e lo disse lui: "Ciò che farete a questi piccoli, lo terrò come fatto a me stesso". I piccini sono sempre la delizia [di] tutti, ma soprattutto al Cuor di Gesù. Sono [40] le sue dolci speranze, cuori da cui spera amore ed onore, per poi averli sempre amici in Paradiso. Il demonio sa questo e, come nemico acerrimo di Gesù Cristo, fa di tutto e si adopera in mille guise coi suoi satelliti perché quanto prima sian rovinati nella mente e nel cuore. E chi non vede oggi giorno quanti lacci non si tendono a questi poveri bambini: dovunque mali esempi; dovunque odono discorsi irreligiosi e scandalosi. Nella scuola, ove dovrebbero ricevere il vero cibo dell'intelletto e della volontà per esser ben guidati sul sentiero della virtù onde riuscire un giorno buoni e ottimi cittadini, invece si toglie loro Dio. Oblita la religione, dimenticato il catechismo, [41] la storia sacra, il S. Vangelo, tutte fonti di acqua viva e salubre all'anima cristiana, si cerca tutte le vie per far dimenticar loro l'idea di Dio e delle verità eterne, e si guidano e si conducono e si educano, come se dopo questa vita più nulla ci fosse né a sperare né a temere, le due potenti ragioni e verità che spingono alla vera virtù, e ritraggono dai vizi anche i più occulti, e invece si insegna loro una morale di apparenza, puramente terrena ed umana; non altro che apparenze, virtù di mostra, ma senza fondamenti né radici, che al primo soffiar de' venti delle passioni, o delle avversità, o traversie della vita, svaniscono, e cedono alla tentazione fino al punto di privarsi anche dell'esistenza per non [42] soffrire, per non patire, tanto sono deboli nella virtù, virtù senza forza e quindi larva di virtù.
Questi non sono sogni, ma verità che voi tutti, se aprite un poco gli occhi e date uno sguardo un poco intimo all'intorno, dovrete tosto persuadervi che la gioventù vi cresce d'intorno non più quella d'una volta, docile, riverente, morigerata, ma proterva, viziosa, ancor prima d'esserne capace, beffarda, indomita, senza più nessun riguardo né a parenti, né a superiori, irreligiosa, incredula. Troppo, troppo sono i mali esempi e le cattive massime che odono e vedono continuamente! Che fare dunque? Starsene imperterriti ed insensibili a mirare tanta povera [43] ed incauta gioventù che cammina dritto alla rovina, alla perdizione, e per tutta un'eternità? Ma a noi non tocca, hanno i lor genitori?! Oh, i genitori! Oh! quanto meglio sarebbe per molti che non li avessero i genitori che invece di educarli gli corrompono co' lor pessimi esempi e discorsi irreligiosi! Ma, se non fanno essi, che cosa potremo far noi; e peggio se essi demoliscono, come potrem noi edificare?! Noi da noi non potremo far niente, poiché siamo nulla a questo riguardo, ma coll'aiuto di Dio che desidera e vuole questa cosa potremo far tutto. Mandavit illis unicuique de proximo suo [Sir 17,12]. È vero che noi non siamo lor genitori, ma d'essi son nostri fratellini, figlioli di Dio e che Gesù Cristo chiama altrettanti se stesso [44] poiché ciò che farete ad essi lo riceverò come fatto a me stesso. E noi ce ne staremo ancor insensibili? Essi poveretti non sanno quello che si fanno, sono come tanti innocenti agnelli che corrono al precipizio, al lor macello, alla loro eterna rovina. Fermiamoli, ritraiamoli dai pascoli velenosi e conduciamoli nei pascoli di vita eterna. E come? Occupandoci di loro con tutto quell'impegno come di nostri più teneri fratelli, come lo sono in realtà; educhiamoli cristianamente, cerchiamo sradicare dal loro cuore il veleno assorbito, e poniamo davanti a loro noi stessi col buon esempio. Contrapponiamo medicina al veleno, e così li salveremo. Ma come tutto questo potremo fare? (Posto, scuola, etc. etc.)
[45] Mezzi: Radunar i giovanetti dopo la scuola e tenerli uniti in qualche luogo adatto ove possano insieme sollevarsi un poco, e poi compiere i loro doveri di scuola, fare il compito, studiar la lezione, e meglio sarebbe poterli anche in ciò aiutare; poi un poco di istruzione religiosa, le orazioni della sera, il S. Rosario, per esempio, se vi è tempo, il canto delle litanie etc. in modo da ricondurli alla sera a casa loro contenti. Così alla festa poi tenerli radunati, condurli alla Messa, spiegazione del Vangelo, un poco di oratorio - poi dottrina etc. - vespero della Madonna - rosario - ricreazione, o passeggiata dopo le funzioni etc. etc. in modo che l'istruzione venga amata, e farsi amare da loro col dominarli rispettosamente, urbanamente, cristianamente, civilmente, caritatevolmente, amenamente, ilarmente da tener il posto di amatissimi genitori.
[46] Ma il Terziario non solo deve zelare il bene della gioventù, ma anche il decoro della casa di Dio, non solo i templi vivi di Dio, ma anche i templi materiali, le chiese che sono figure dei templi vivi, poiché da queste si sveglia la fede nei templi vivi, nei cuori dei fedeli: zelus domus tuae comedit me [Sal 69,10]; l'esempio di Gesù Cristo che con un flagello scaccia i profanatori del tempio: fecisti speluncam latronum Domus mea, Domus orationis vocabitur [Mt 21,13]. Le chiese sono case di Dio, e invece entrando in molte chiese sembrano case neppur d'uomini tanto sono sudicie ed in disordine; invece di case d'orazione sembrano case di mercato e [47] ricreazione.
Quanto stava a cuore a S. Francesco il decoro, la pulizia, l'ordine, il raccoglimento nelle chiese, perché appunto servissero d'incremento alla fede, e di aiuto alla devozione. Tra i fedeli, a chi più deve stare a cuore un tal decoro se non ai terziari che professano di voler vivere da perfetti cristiani? A chi più deve star a cuore il lustro della casa del Padre, che ai figlioli più fedeli!? E difatti se noi diamo uno sguardo ai primi terziari più ferventi, che non fecero per il decoro, il culto divino!? Un S. Luigi re di Francia, patrono dei Terziari, intraprende una lunga e poderosa crociata contro i Maomettani, perché? per liberare [48] dalle loro mani il sepolcro di Cristo e per ciò sostiene lunghi viaggi, gravi spese, fiere prigionie, lunghe malattie, la morte, e perché? perché lo zelo della casa del Signore ardeva nel suo cuore!
Si legge di S. Casimiro, altro re, che era tutto occupato nel preparare il pane e il vino che doveva servire per la S. Messa, e lo voleva manipolare colle stesse sue mani, e quale cura non avea pel decoro delle funzioni, e si alzava di notte per assistervi. E tutto perché? perché la fede viva ardeva nel suo cuore! e può forse esser diversamente? Che non si fa per preparare una degna abitazione al re che sta [per] arrivare: [49] quanti servi e quanta diligenza per mantener decorosamente i palazzi ove risiede il re! e giustamente, perché capo della nazione, perché in certo modo, ministro della divina giustizia, così dovrebbe almeno essere. E le case, le regge del re del cielo e della terra resteranno così neglette e trascurate: ecco anche da questo un motivo per cui nei popoli la fede è sì languida. Come si fa a credere che queste sian case di Dio, ove abita la divinità, il re dei re, mentre sono sì squallide, sudicie, disordinate? È vero che voi mi direte: ma a questo vi deve pensare il sagrestano, il parroco; sì dite bene, ma e che cosa volete vi dica se il sagrestano non ha mai tempo di pensare un [50] poco alla chiesa che ha in cura; egli ha il negozio, ha la famiglia da mantenere, ha quell'arte d'accudire; quindi la chiesa la lascia sempre per ultimo. Il Parroco ha un bel dire e raccomandargli la pulizia, l'ordine, la cura della chiesa, ma siccome questa forse non gli dà abbastanza da vivere per tutta la sua famiglia, ovvero non percepisce tutto quel tanto che egli vorrebbe, perciò lascia andar la chiesa peggio d'una stalla. Che cosa volete, egli opera per l'interesse; la fede ora l'hanno, ora l'hanno perduta, e se l'hanno è legata e subordinata all'interesse, quindi chi ci va di mezzo è il decoro, l'onor di Dio, cui egli neppur ci pensa. Chi dunque ci deve pensare se non [51] chi ha un poco più di fede. E se questa non la si trova nei fedeli terziari che fanno professione speciale di fede, in chi la si dovrà cercare? Dunque vedete, miei cari terziari, come ci deve star [a] cuore l'onore, il culto, il decoro delle chiese. Come potremo, guidati dalla fede, sopportare che sian più belle e più ben tenute le nostre case che non quelle di Dio nostro Signore. Che diranno gli angeli che tanto zelano l'onor di Dio al veder le case di noi peccatori più belle, più ornate, più ben tenute di quelle del lor Dio che per nostro sviscerato amore si degna di abitare fra noi, il vederlo da noi sì mal trattato. Vorrei che pensaste un poco seriamente a questa verità, che vi faceste sopra profonda [52] riflessione, e poi credo che qualche cosa di buono risolvereste. So bene che ancorché foste compresi della necessità di porvi un rimedio, non tutti potrebbero effettivamente ripararvi; molte cose che si vedono, che si dovrebbero fare, ma poi non si può o per le circostanze di famiglia, d'impegni etc., lo so, ma fra tanti, possibile che non sia alcuno che goda della propria libertà, e che non possa dedicarsi anche a questa santa opera in effetto, cioè prestando fedelmente e con fede viva questo servizio al Signore! E gli altri che non possono prestar l'opera immediata coll'occuparsi in chiesa, perché non potranno aiutare con altri mezzi, col favorire chi in essa intende tutto dedicarsi. Oh! quanti [53] non vi saranno buoni terziari liberi che sentirebbero anche una certa vocazione per il decoro delle chiese, e lo potrebbero anche fare perché liberi d'impegno o di famiglia o di altro; ma restan lì, neghittosi, forse per rispetto umano. Ma qual cosa più onorifica che prestar servizio alla casa, al culto di Dio. È questo un ufficio che nei primi tempi della chiesa, come si legge in S. Girolamo e in S. Cipriano, che non si commetteva se non ai cristiani più zelanti in premio del loro zelo, e a quelli specialmente che era scampato dal martirio. E difatti, dopo la dignità sacerdotale, è l'ufficio più onorifico. Dopo i ministri del re, chi si pregia se non colo[ro che] servono al re più da vicino?!
[54] Chi serve all'altare, chi custodisce la Chiesa fa nientemeno che l'ufficio degli angeli, i quali giorno e notte in altro son occupati che in servir Dio. Oh! se si capisse bene questa verità, come non si andrebbe a gara per servire, custodire e procurare il decoro delle chiese. Quanti non a[m]biscono servire nelle corti dei grandi, dei re, e quanti impegni per potervi entrare, anche negli uffici più umili, e perché? perché si stima grande onore servire al re. E se è così, qual onore maggiore non sarà servire al re dei re?! Ma per capir questo ci vuol fede e fede non morta. Oh! se la capissero bene questa cosa i Terziari di S. Francesco quanto bene farebbero alla cristianità, [55] qual risveglio di fede non produrrebbero nei fedeli, e per conseguenza, qual miglioramento nei costumi, nelle pratiche religiose, nell'adempimento della legge di Dio. Basta dar un'occhiata all'intorno e far il confronto di paese con paese e lo si vede subito. Datemi un paese, ove la chiesa è ben tenuta, ornata, pulita, ben officiata, e vedrete là una popolazione frequente alla chiesa, e starvi in essa devotamente, frequentare i sacramenti, vivere cristianamente. Datemi invece un paese ove la chiesa sia mal tenuta, trascurata, sporca, disordinata, mal officiata, e là troverete un popolo indifferente, quasi da sembrar senza fede, in chiesa scomposto, svogliato, ciarliero [56] e tutto questo in gran parte donde proviene? dal veder la lor chiesa sì mal tenuta, disordinata etc. perché, volere o non volere, il luogo si impone, viviamo anche di sensi
[Il resto del foglio è bianco, come anche il 57r.]
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2. La frase esatta è: "Non quaero voluntatem
meam, sed voluntatem eius qui misit me".