Arsenio da Trigolo,
Alcune meditazioni in apparecchio alla S. Professione,
Giorno 1°, Meditaz. 2a
[4r.]Meditazione
2.
Sopra
l'obbligo che ha il religioso di attendere alla perfezione.
Si vis perfectus esse, vade, vende omnia
quae habes et da pauperibus […] et veni et sequere me [Mt 19,21], disse
Gesù Cristo a quel giovane che gli domandò che cosa dovesse
fare per esser perfetto.
Considera che queste parole furono
dette dal Signore anche a te, chiamandoti allo stato religioso. Il fine
per cui ti fa abbandonare parenti, amici, il mondo etc., fu affinché
attendessi a divenir perfetto - Si vis perfectus esse. Quindi considera
come t'incombe l'obbligo di attendere continuamente a questa perfezione,
come inerente inseparabilmente allo stato religioso che stai per abbracciare.
Dal momento che sei entrato religioso hai tolto ogni limite alla tua santità:
se nel mondo ti fossi prefisso un certo grado di virtù, questo colà
sarebbe stato gran cosa, ma nella religione non vi ha grado che basti:
non puoi più dire voglio arrivare fin qui e poi basta; ma nella
religione l'obbligo è di attendere a diventar perfetto continuamente.
Si vis perfectus esse. - Non disse già il Signore se vuoi esser
umile, casto etc.; ma se vuoi esser perfetto. Quindi
considera come al Religioso non basta attendere a questa o a quella virtù
in particolare, ma gli è preciso l'obbligo di attendere a tutte
le virtù; anzi non potrà mai esser buon religioso quello
che non vi attende di proposito. Perché essendo il [4v.] fine
del Religioso di attendere alla perfezione, non potrà mai dire di
attendere alla perfezione quel religioso che si contenta solo di acquistare
qualche virtù in particolare. - Per questo se fuori di religione
si potrà scusare uno che non attende a questa perfezione, ma solo
a qualche virtù, e anzi anche solo con questo potrà esser
buon cristiano, non potrà mai esser buon religioso chi trascura
di attendere alla perfezione, come dice S. Gerolamo: perfectum esse nolle,
delinquere est. Quel religioso che non vuol essere perfetto e che non procura
con ogni studio di diventarlo, è in continuo stato di colpa. Ed
Eusebio Emiseno [di Emesa] dice che quel religioso che non attende alla
perfezione sta in gran pericolo di dannarsi: Non perfecte in eremo vivere,
summa damnatio est.
Ma considera come finora ti sei imbevuto
di questa verità e come l'hai praticata. - Qual progresso nel noviziato
hai fatto delle virtù per poter dire almeno d'aver incominciato?
Dove sono i principii dell'umiltà, pazienza, carità, mortificazione
e di tutte le altre virtù necessarie per arrivare a questo monte
della perfezione religiosa? Purtroppo trovi di confonderti e umiliarti.
Forse, forse invece di andare avanti, sei ritornato addietro. Infatti dov'è
quell'ardente desiderio concepito ne' primi giorni del tuo noviziato di
avanzarti in virtù e nel santo amor di Dio? Dove quell'amore all'umiltà,
alla penitenza? Dove quell'impegno [5r.] di emendarti di tanti difetti
e imperfezioni? Dove lo spirito di orazione?... È vero che, come
dicono i dottori, il religioso è in stato di perfezione, non intendendo
di dire che subito sia perfetto, ma che professa di camminare alla perfezione;
pure dove sono anche i primi passi in questo cammino? Non dovresti aver
già imparato che cosa sia esser umile…, obbediente..., far guerra
all'amor proprio e disordinato? ma invece come vanno le cose? Puoi dire
di esser vero religioso? No, no ti risponde S. Tommaso: quel religioso
che non mira ad acquistare la perfezione, né vi attende, quello
è religioso finto, perché non attende a ciò che professa,
né a quello per cui è entrato in religione: e benché
ciò non l'hai ancor professato, pure quell'era la tua volontà
all'entrare in religione! Quello che S. Tommaso dice al religioso professo,
io lo dico a te novizio: concordet illorum vita cum nomine; professio sentiatur
in opere. La tua vita sia conforme all'abito, al nome che porti, giacché
dalle opere si conosce la professata carriera. Hai vestito da un anno l'abito
della penitenza, dell'umiltà, ma dove sono le opere di penitenza,
d'umiltà? Concordet illorum vita cum nomine. - Non basta che abbi
fatto vita regolare, ma bisogna che lo spirito di questa vita religiosa
abbia preso possesso nel tuo cuore. - Forse dirai: lo farò dopo
professo; ma se non l'hai fatto nell'anno del noviziato con tanti mezzi
[5v.] e stimoli a farlo, puoi lusingarti di farlo meglio dopo la
professione? puoi promettere, [dopo] le grazie, ispirazioni, lumi che da
Dio avesti in gran copia, che tu con tanta ingratitudine hai disprezzato?
Domanda a Dio misericordia, chiedigli
perdono, sappi che ancor sei in tempo di riparare il mal fatto. Se grande
fu la tua ingratitudine, più grande è la infinita misericordia
di Dio. Eccolo che ancora ti aspetta colle braccia aperte, ancor ti chiama
al suo ovile. Sebbene finora non hai corrisposto come dovevi alla tua vocazione,
pure Iddio non si è ancora ritirato, come ben meritavi. - Non ti
avvilisca il vederti così povero di virtù, il lungo cammino
che hai da percorrere. Abbandonati interamente nella misericordia di Dio;
rifugiati, in questi S. Esercizi, nel Suo Cuore. Comincia fin d'ora a redimere
il tempo perduto. Offriti anticipatamente al tuo Signore sospirando l'ora
di farlo poi all'altare, promettendogli fin d'ora di porre ogni studio
a divenire ottimo religioso. Prega Maria, dolcissimo rifugio de' peccatori,
che ti aiuti a mettere in pratica questi proponimenti.