Arsenio da Trigolo, Alcune meditazioni in apparecchio alla S. Professione, Giorno 3°, Meditaz. 1a
Considerate l'eccellenza e i pregi della virtù dell'obbedienza; considera come dev'essere eseguita per potersi dire obbedienza perfetta.
Quattro gradi deve avere: pronta, esatta, allegra e semplice. Il primo dunque è l'obbedire con prontezza, cioè eseguendo ciò che vien imposto, subito, senza replica né dimora. Domanda S. Basilio con quanta sollecitudine e prontezza si debba obbedire e risponde: che lo dobbiamo fare con quella prontezza colla quale uno che abbia cura della propria vita sa far ciò che è necessario per conservarla e con quella con la quale va a mangiare uno che ha fame. Anzi con tanta maggior prontezza, quanto la vita spirituale, la vita eterna che si merita coll'obbedienza è maggiore e più eccellente della temporale. Per questo il vero religioso obbediente non sa che cosa sia dilazione, né che cosa sia domani o posdomani. Non dice: "Il mio ufficio non è questo, io non posso attendere a quest'altro. Son cercatore e non posso fare il cuciniere; son predicatore e non posso attendere a lavori manuali". In qualunque ufficio egli si trovi, si trova per obbedienza, non per diritto, né per merito alcuno; dunque quell'obbedienza che ve lo pose, quella medesima or ve lo toglie. Non dice mai: andrò [10r.] adesso, come fanno i pigri. Subito applica le mani all'opera comandata e i piedi a eseguirla. Anzi, non solo eseguisce prontamente quanto gli viene comandato, ma quasi previene, e vince dalla mano chi gli comanda. Il religioso che ama l'obbedienza. All'udire la campana che lo chiama la notte al coro, non si rivolta, ma come dice S. Teresa, subito balza dal letto per obbedire alla voce di Dio che lo chiama. Il religioso obbediente in ascoltare l'incombenza che gli viene dal superiore, non replica, non porta scuse, né dimostra ripugnanza col tacere, ma subito va ad obbedire. E qui sta ben attento a un laccio del demonio. Se egli, al suono della campana, ti suggerisse di fare apertamente contro l'obbedienza, ben vede non ne riuscirebbe a nulla. Che fa pertanto? Procura che tu non sii pronto in fare quest'obbedienza, per avere egli ancora in essa qualche parte, e per portarsi via almeno quel poco di operazione che tu tralasci o tardi a fare dal tocco della campana finché ti alzi. Mira egli a portarsi via il fiore ed il principio dell'opera. Perciò tu procura sempre di dare a Dio tutta l'opera intera col suo principio e col suo fine.
Né qui ho da finire l'obbedienza. Alberto Magno dice che il vero obbediente non aspetta mai il secondo comando del Superiore, ma subito che conosce la volontà, procura eseguirla, bastandogli questo per precetto e comando a imitazione di Gesù Cristo che prese per [10v.] precetto e comando di morire per gli uomini il vedere che quella era la volontà e compiacimento del suo divin Padre. E lo disse anche S. Bernardo: Fidelis oboediens praeit preceptorem. Questo è il sommo grado dell'obbedienza, pronta, non aspettare che il Superiore comandi o finisca di comandare, ma procurare anzi d'indovinare il di lui volere. T'accorgi che, verbi gratia, il Superiore desidererebbe che tu assumessi l'ufficio d'un fratello che attualmente non può disimpegnarlo? Sarà un tratto di vera e pronta obbedienza l'andar tu stesso dal Superiore a pregargli ti dia la benedizione per assumere un tale impiego. Che se a tanto non ti basta l'animo, non ti sarà mai lecito però, senza rompere il voto dell'obbedienza, l'andar tu stesso dopo che ne fosti comandato, mettendo in campo mille scuse e pretesti per sottrarti a tale pronta obbedienza. Oh! come piace a Dio questa prontezza d'obbedienza e come la premia! Dirai forse di non sentirti in grado, in forze? Ricordati di quello che si racconta di S. Colombano che andato egli in infermeria a comandare a' monaci ammalati di alzarsi tosto ed andare a battere il grano sull'aia, quelli che pronti si alzarono, furono liberati da ogni male, gli altri infermi di animo e di corpo che trovarono pretesti e scuse per non levarsi, restarono infermi quali erano.
Così il Signore dimostrò quanto gli dispiace la dimora nell'obbedire. Ritrovandosi un giorno il Beato Ginepro nell'orto a piantare un ginepro, fu chiamato da S. Francesco; egli non obbedì subito, ma volle finire di [11r.] piantare il ginepro e poi andò; ma S. Francesco, per fargli intendere il difetto commesso di non aver subito ubbidito, maledisse il ginepro e gli comandò da parte di Dio che non crescesse di più e l'albero obbedì; e [da] molti anni si conserva questo ginepro verde sì, ma sempre piccolo qual fu pian[ta]to. - Tutte queste son cose che nell'anno del noviziato ti furono ripetute le mille volte, eppure le hai messe in pratica? Puoi dire di offrire intiere a Dio anche solo le principali azioni della tua vita religiosa? come ti fai premura al primo segno della campana al coro, all'orazione? Come eseguisci i comandi de' Superiori? prontamente, senza dimora o con scuse e pretesti? Il Superiore ti comanda di tralasciare l'intrapreso officio e d'incominciarne un altro, tu che fai?... adesso vengo subito... abbia la bontà d'aspettare un poco... etc. Ma in questa maniera credi tu d'obbedire prontamente? È questo il tralasciare la parola incominciata per correr prontamente ove l'obbedienza. ti chiama, come si legge de' monaci antichi? quanta diversità. Ma e non è forse la medesima obbedienza che comandava loro e che comanda a te pure? E perché dunque tanta diversità nell'adempirla. Ah! rifletti seriamente e vedi come imitarne l'esempio. Ricordati che l'obbedienza che stai per giurare non eccettua che il peccato. Qualunque cosa ti venga comandata, purché non sia contro la regola e l'anima tua, sei obbligato ad obbedire. Prega perciò il Signore d'aiuto etc. etc. e Maria SS. che di ciò ci diede splendido esempio nel fiat mihi secundum verbum tuum.
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