È innegabile che per conoscere
i santi, già canonizzati o in via di canonizzazione, non è
sufficiente aver ricostruito le tappe della loro vita e le opere da loro
realizzate. È di grande utilità leggere quello che hanno
scritto per esprimere le loro idee, le loro intenzioni, i loro progetti,
le loro esperienze spirituali, in una parola: quel mondo interiore che
è come l'anima di quello che è visibile della loro vita.
Strettamente parlando è così
anche delle persone che ci stanno accanto, perché c'è un
"visibile" della loro esistenza, ma c'è molto "invisibile" che essi
ci rivelano attraverso le loro parole scritte o pronunciate. Senza questo
tipo di dialogo non si creano rapporti ed amicizie e, quando viene meno,
rapporti ed amicizie si indeboliscono, diventano superficiali e scompaiono.
Il Signore dona i santi alla sua chiesa
non solo come aiuti nelle necessità materiali e spirituali, ma ce
li dona anche come guide sicure verso il suo Regno. Conoscerli ed imitarli
è parte essenziale della vera devozione verso di loro.
Tra gli scritti che ci aiutano maggiormente
in questo lavoro di conoscenza e di imitazione vi sono quelli autobiografici:
quelli, cioè, in cui l'autore racconta il modo in cui ha affrontato
le vicende personali. Egli, in tal modo, ci introduce nella sua vita e
nel suo fervore che ci contagiano.
P. Arsenio da Trigolo ha lasciato molti
manoscritti. Purtroppo pochi sono veramente autobiografici e ancor meno
pubblicati. Uno di questi è costituito dal testo che qui proponiamo.
Si tratta degli appunti scritti durante gli esercizi spirituali che egli
ha fatto al termine dell'anno di prova tra i cappuccini (che si chiama
noviziato) e prima di pronunciare i tre voti di povertà, obbedienza
e castità secondo la regola di san Francesco d'Assisi e la tradizione
dei cappuccini.
Il testo risale, dunque, al mese di
giugno 1903, avendo professato il 25 giugno di quell'anno.
È un testo molto bello che fa
bene ai religiosi, ma è utilissimo anche ai cristiani che vogliono
penetrare profondamente nel vangelo.