2.
Gesuita
La scelta religiosa era motivata dal desiderio di una vita
spirituale più intensa. Lo rivela in una predica tenuta ad alcune
suore, dove parla anche a se stesso: "Per qual fine siamo noi entrati
in Religione? Per santificar noi e far bene agli altri, giusta il precetto
divino: ama Dio sopra ogni cosa (ecco santificar noi) e il prossimo come
te stesso (ecco far bene al prossimo). La nostra santificazione è
il fine, ma il fine senza i mezzi non si ottiene. Non si ottiene la scienza
senza lo studio - non si impara a cucire se non si fanno i punti; non si
fa un abito senza la stoffa. Quali saranno dunque per noi i mezzi? silenzio,
umiltà, purità, carità, obbedienza, uniformità
alla divina volontà, ecco i mezzi per il nostro stato".
(P 391/5 f. 4v).
La stessa scelta di essere gesuita era molto profonda come
ci fa intuire attraverso gli appunti scritti durante gli esercizi spirituali
del 1886: "Ti dici Gesuita, ma sei poi vero seguace di Gesù?
lo imiti nelle opere? lo segui nelle dottrine? e sì che in ciò
sei obbligato anche come semplice cristiano, come Gesuita poi hai maggior
obbligo di seguirlo più da vicino e più perfettamente. Credi
tu veramente e praticamente a quanto Gesù Cristo ti insegna e ti
dice nel Santo Vangelo?"
(P 391/18 p. 50).
Il 14 dicembre 1875 raggiunse la sede del noviziato in Francia,
il 25 dicembre vestì l’abito della Compagnia e, con la prima professione
del 25 dicembre 1877, concluse il primo periodo di formazione. Riprese
gli studi, ma dovette interromperli per motivi di salute e fu trasferito
a Cremona nel collegio Vida dove, dal 1879 al 1883, fu "prefetto" degli
studenti. Nel 1882 era riuscito a superare l'esame di filosofia. Nel 1884
riprese lo studio in Croazia e superò l'esame di teologia morale,
ma non riuscì a superare il difficile esame "ad gradum" che gli
avrebbe permesso l'ammissione come professo nella Compagnia perciò
gli rimase soltanto la possibilità di divenire "coadiutore spirituale".
Seguì un periodo di frequenti cambiamenti: Soresina (1885-1886,
nel collegio Vida), Vienna (1886-1887 per il terzo anno di probazione),
Mantova, Venezia, Brescia, Venezia (1887-1891). In quest’ultima città
si dedicò ad un intenso apostolato: predicava tridui, esercizi spirituali
e quaresimali; confessava e faceva catechismo, teneva ritiri alle clarisse,
alle cappuccine e alle salesiane.
Naturalmente, come gesuita, prediligeva gli esercizi spirituali
nei quali era molto esigente verso se stesso, come ci rivela descrivendo
i requisiti di chi li guida: "Chi li dà bisogna che sia più
oratore che predicatore: oratore cioè uomo di preghiera e di meditazione.
Per dar bene le meditazioni, prima bisogna averle bene meditate e ruminate
davanti al crocifisso. Bisogna che prima di persuadere gli altri, ne siamo
ben persuasi noi, allora le parole usciranno persuasive, eloquenti, perché
ben persuasi e fortemente e profondamente convinti noi di ciò che
vogliamo persuadere agli altri"
(P 391/22, 5r.).
Nacquero le prime difficoltà in seno alla Compagnia
di Gesù dovute a vari fattori: salute, livello medio di studio,
carenza di doti appariscenti, la conoscenza di una certa Giuseppina Fumagalli
di cui parleremo più avanti, incomprensioni dei superiori. Venne
perciò mandato a Trento, allora in uno stato estero, e poi quasi
subito a Piacenza, dove fu direttore spirituale nel seminario del nuovo
istituto per gli emigranti fondato dal beato Giovanni Battista Scalabrini.
Certamente l’amicizia con Bonomelli e Scalabrini, allora in difficoltà
con la curia romana, non giovò alla sua permanenza nella Compagnia
e, alla fine, venne pregato di chiedere le dimissioni, che divennero definitive
nell’agosto 1892.
P. Arsenio credeva nella spiritualità di Sant’Ignazio
e vi si era immedesimato perciò lascò con grande dolore la
Compagnia. Ma aveva imparato a trasformare le sofferenze in ricchezza di
spirito, perché era convinto che "la croce è la via regia
del Paradiso"
(P 391/26/33, pag. 2).