P. Cleto da Castelletto Ticino cappuccino († 1619):
note per una biografia
P. Fedele Merelli cappuccino

 

1. Problemi per una biografia di p. Cleto da Castelletto

 

Mi pare necessario esporre, prima di tutto, le difficoltà che si incontrano nel tracciare la biografia di questo frate cappuccino.

Dobbiamo dire che, in questo momento, non possediamo una biografia antica su p. Cleto. Se anche fosse stata scritta è andata dispersa o persa in occasione delle varie soppressioni, cioè della chiusura forzata dei conventi, specialmente quella imposta da Napoleone nel 1810. In conseguenza furono distrutti gli antichi archivi con le cronache, i registri, le biografie. I manoscritti che si sono salvati e che sono a disposizione oggi sono molto, troppo pochi!

Ma c’è motivo per dubitare che sia esistita una biografia di p. Cleto, perché nell’antica storiografia cappuccina si prestava poca attenzione all’arte e agli artisti. Lo si nota studiando le poche cronache conventuali superstiti dove quasi mai si trovano note precise circa le opere d’arte, gli artisti ed i lavori architettonici. Ciò si spiega con la scelta radicale della povertà fatta dalla riforma cappuccina, per cui l’arte non era mai fine a se stessa, ma in funzione della vita religiosa e di tutto ciò che aveva attinenza con il culto. In questa prospettiva anche gli architetti furono trascurati. Nel caso poi di p. Cleto il sospetto che non esistesse una biografia è legittimato dal fatto che pochi decenni dopo la morte fu confuso con un altro frate, ciò che non sarebbe avvenuto se fosse esistita una qualche nota biografica e una memoria ancora viva almeno tra i frati.

Il libro di cronaca o cronologio del convento della Concezione in Milano, il famoso convento di Porta Orientale dei Promessi Sposi, è l’unico che riporta una breve necrologia di p. Cleto. Sono poche righe, ma preziosissime, perché autentiche e uniche, scritte poco dopo la morte, in quanto il manoscritto si chiude con l’anno 1625.

Nella stessa cronaca ci sono altre brevi notizie sparse su p. Cleto da Castelletto, ma qualcuno è intervenuto e, in maniera sistematica, ha sostituito Castelletto con Novara, facendolo diventare p. Cleto da Novara. Questo anonimo manipolatore di manoscritti, non contento di aver sostituito il paese, ha scritto, accanto alla necrologia autentica un testo, con caratteri piccolissimi, poi cancellato e quindi di difficile lettura che trascrivo come lo leggo: “Avvertasi meglio che il P. Cleto da Novara inventore et Architetto delle capelle di Orta è morto a Varese in servigio degli appestati in gran fama di carità e virtù non ordinarie e sepolto al Foppone […] restarsene il luogo […] Come anche […] da Castelletto qui e altrove, invece che da Novara della famiglia de Gregori […]”[1]. Quindi, non solo sono state attribuite ad un solo frate le cose fatte da due persone, ma è stata pure allungata la vita del nostro p. Cleto dal 1619 al 1630.

Siamo certi, invece, che il p. Cleto morto a Varese servendo gli appestati non è il nostro, perché ho trovato il necrologio autentico di quel convento, dove si legge che il cappuccino che servì gli appestati si chiamava Cleto da Novara[2] o, in altre fonti, da Gozzano[3], ed è morto non nel 1630, ma il 14 novembre 1636[4].

Non sappiamo quando sia stato corretto il cronologio del convento di Milano con conseguente confusione dei due cappuccini, ma deve essere avvenuto prima del 1686 quando p. Giuseppe Maria Bagliotti da Novara pubblicò una delle prime guide al Sacro Monte di Orta sotto il titolo: Le delizie serafiche Del Sagro Monte di S. Francesco Del Borgo d'Orta Trascorse con penna diuota [...] Doue in diuerse capelle, veggonsi rappresentati gli principali misterij della vita di detto Santo[5].

È proprio lui a registrare che la confusione era ormai avvenuta. Infatti scrive: che a causa della peste furono sospesi i lavori a Orta e p. Cleto “per non tenere oziosa la virtù dell’animo, e per mostrarsi ben profittato de gli alti esemplari nell’argomento, che versava del Serafico Padre, supplicò a gli suoi Superiori per essere impiegato ne gli uffici pietosi di servire a gl’infetti ne’ Lazaretti, dove maggiore se ne scorgea il bisogno. Con tale carattere, spiccato dal Monte d’Orta, fù addrizzato a Varese, dove con ammirati esempi di fervore, e divozione, donatosi al servigio di quegl’infermi, senza verun risparmio di se medemo, impiegò così tutto il suo spirito ne gli ossequij de gli appestati, che vi lasciò la vita, vera vittima della carità, & holocausto della pietà. Coll’acquisto dell’eterne corone di gloria nel Cielo, guadagnossi giuntamente celebre fama per immortalare il suo nome nel Mondo, e vive ancora in Varese, e viverà per tutte le posterità…”[6].

Ho riletto con attenzione le parti, molto brevi, dove p. Bagliotti, prima di descrivere le cappelle di Orta, parla di p. Cleto da Castelletto, chiamandolo sempre da Novara, ed ho l’impressione che conoscesse il testo rifatto del cronologio del convento della Concezione, quindi testimoni l’ormai avvenuta confusione, ma non sappia aggiungere altre notizie riguardo alla vita del nostro, se non cose molto generiche: il che significa che non riuscì a trovare altri documenti biografici. Come poi non abbia tenuto conto della versione primitiva della necrologia è inspiegabile.

Questa confusione si ripeterà anche in alcune pubblicazioni successive. Ad esempio in quella del 1906 scritta in occasione dell’incoronazione della Madonna del Sacro Monte d’Orta [7].

 

2. La necrologia di p. Cleto da Castelletto Ticino

 

Anche se la necrologia riportata nella cronaca del convento della Concezione è breve, resta preziosa e fondamentale, perché unica, antica e autentica, come già detto, e contiene notizie preziose. Ecco il testo: L’anno poi del 1619 passò al Signore nel luogo di Cerro [Maggiore] alli XI di febraro il Padre fra Cleto da Castelletto[8] Predicatore, Inventore et Promotore[9] delle capelle della vita del N. Padre san Francesco fabricate nel Monte di Orta vicino al nostro convento, con l’agiuto et favore del signor Abbate Canobio alla fabrica delle quali fu dato principio l’anno 1591, havendo fatto il dissegno di esse et del monastero il sudetto padre Cleto, et è stato quasi sempre Fabbriciere et Ingeniero della Provincia, zelante della santa povertà e Padre humile, et divoto, benigno e pacifico, di età di 63 anni et 43 di religione”[10].

Questo testo dà, prima di tutto, la data precisa della morte avvenuta a Cerro Maggiore l’11 febbraio 1619. Questa notizia può essere considerata sicura in quanto il cronologio fu scritto a dal 1613 (pur riportando notizie precedenti) fino al 1625. Viene detto che aveva 63 anni di età e 43 di vita religiosa. Sulla base di queste notizie non si può dedurre la data di nascita che non c’è, come manca la data di ingresso nell’ordine, il cognome, la data dell’ordinazione sacerdotale, ecc. Possiamo solo dire che si era fatto frate verso i vent’anni, senza sapere cosa avesse fatto o studiato prima e a quale titolo fosse esperto di costruzioni. Il termine ingegnere non va preso in senso tecnico come lo usiamo oggi e quindi non sappiamo esattamente in cosa fosse specializzato.

Viene detto ancora che era non solo frate, ma anche sacerdote e predicatore[11]. Nel 1618 nella provincia cappuccina di Milano i predicatori erano 81 contro gli altri 496 frati così distribuiti: 197 sacerdoti che non potevano predicare, 74 frati che erano ancora nel periodo di formazione e 193 fratelli laici, cioè semplici frati senza essere sacerdoti. La selezione per diventare predicatori, tra i cappuccini, era molto rigida e richiedeva doti di intelligenza e virtù religiose molto speciali. Quindi p. Cleto era uno di quelli che aveva le disposizioni necessarie per questo grande ministero[12].

Viene detto ancora che fu per molti anni fabbriciere[13], cioè uno dei quattro frati che aiutavano il ministro provinciale a fare tutto quello che occorreva per fondare, conservare e riparare le case dei frati, cioè i conventi, o monasteri, o luoghi, come venivano chiamati. I fabbricieri cappuccini non esercitavano nessuna autorità propria, ma erano solo consiglieri in quello specifico settore. Questi frati erano eletti in occasione dei capitoli provinciali, quando venivano cambiati i superiori, ma disponiamo solo del registro dei capitoli a partire dal 1619, quindi non sappiamo esattamente quando p. Cleto fu effettivamente eletto. I quattro fabbricieri frati non vanno confusi con i fabbricieri secolari che avevano solo il compito di amministrare i soldi, occupazione proibita ai religiosi. Molte volte i fabbricieri erano gli stessi frati definitori o i consiglieri del p. Provinciale e non erano tutti esperti in costruzioni, ma vigilavano piuttosto sull’applicazione delle Costituzioni cappuccine che nel capitolo VI indicano come deve essere un convento e, per salvaguardare la povertà, precisano ogni particolare come: misura delle finestre e delle stanze, ecc.

Infine viene detto in poche parole che era un frate pieno di qualità spirituali che viveva personalmente, ma imprimeva anche nelle sue opere, specialmente nella progettazione dei conventi. La preoccupazione edilizia, in quegli anni molto vicini alla riforma dei cappuccini (1525-1528), non riguardava tanto lo stile architettonico, quanto la disposizione degli spazi per favorire la povertà evangelica e la vita spirituale e quasi eremitica dei religiosi.

 

3. Notizie biografiche disposte cronologicamente

 

In mancanza di una biografia possiamo ricostruire alcune note biografiche a partire da lettere, da cronache, da atti notarili o da altri frammenti di documenti di varia origine. Il risultato sarà una biografia frammentaria e non discorsiva, qualche volta anche contraddittoria a causa delle imprecisioni presenti in alcuni documenti. Senz’altro è incompleta e potrà essere arricchita con la scoperta di altre notizie in fonti che non sono mai state prese in considerazione da questo punto di vista.

Le fonti principali che utilizzo sono:

1) L’epistolario del vescovo Carlo Bascapé[14] (morto 1615) che ho già utilizzato in altre occasioni[15]. L’epistolario, molto ampio, registra i fatti nel momento in cui si svolgono, ma non registra tutti gli avvenimenti, tanto più se, come nel nostro caso, mons. Bascapé si trovava abbastanza regolarmente all’Isola San Giulio e ad Orta con l’opportunità di trattare direttamente con p. Cleto e con le altre persone, quindi senza bisogno di scrivere lettere.

2) Il manoscritto, ora edito: “Fondatione de’ Conventi della Provincia di Milano de’ F.F. Minori del P. S. Francesco detti Cappuccini” scritto da p. Salvatore da Rivolta nella prima metà del XVII secolo, che p. Metodio da Nembro ha pubblicato nel 1973 cambiandogli, purtroppo arbitrariamente, il titolo ed intendendolo come fosse una cronaca[16]. P. Salvatore da Rivolta sembra che abbia fatto buone ricerche, ma non si sa fino a che punto sia preciso. Quando non abbiamo a disposizione altre fonti ci affideremo a lui, quando potremo controllarlo lo sottoporremo a critica e risulterà quasi sempre inaffidabile.

Su p. Cleto si possono trovare tante notizie sparse nei libri editi, ma questa è la prima volta che si tenta di scrivere una biografia documentata, perciò mi atterrò rigorosamente ai documenti, preferendo dire meno di quello che è stato scritto piuttosto che ripetere molte notizie errate.

Infine queste note biografiche sono disposte in ordine cronologico.

 

25.07.1585 Romagnano Sesia. La prima notizia documentata su p. Cleto risale a questa data, quando venne posta la prima pietra del costruendo convento di Romagnano Sesia ed egli venne fatto presidente[17]. Presso i cappuccini il superiore di un convento si chiamava presidente o guardiano. Presidente è il superiore quando nel convento non poteva esserci ancora una comunità religiosa e una vita regolare, perché in costruzione o in rifacimento piuttosto radicale. Guardiano è il superiore di un convento quando si può fare vita regolare, cioè vi è la clausura (dove non possono entrare gli uomini senza motivo e le donne senza le debite dispense), il silenzio rigoroso, la preghiera notturna e diurna ed il luogo è eretto canonicamente, cioè riconosciuto dalle autorità religiose competenti.

Non necessariamente il presidente era anche esperto in costruzioni o se ne occupava. Nel caso di p. Cleto a Romagnano si dice che era presidente, quindi aveva una certa autorità sugli altri frati che erano presenti in quel momento e doveva rendere conto direttamente al superiore provinciale, però non viene detto che fosse incaricato di fare i progetti e di seguire la costruzione. Anzi sembra escluso, tanto è vero che furono mandati frati che si intendevano di fabbrica, fra i quali i due fratelli laici fra Eusebio da Vercelli e fra Bernardo da Nova. Quanto fossero esperti non si sa, perché la volta del presbiterio (cappella maggiore) cascò due volte. Queste notizie lasciano aperti tanti problemi ed il primo è il sospetto che p. Cleto non fosse ancora esperto di costruzioni o i superiori non lo ritenessero ancora competente[18] e, quindi, lo sia diventato dopo per inclinazione e per esperienza maturata durante gli anni in cui fu presente sul posto di lavoro. Purtroppo la mancanza di precisione nelle notizie fornite da p. Salvatore da Rivolta non aiuta a capire molte cose di p. Cleto e soprattutto le sue competenze in fatto di costruzioni. Se fosse stato già esperto, gli sarebbe stato affidato fin dal principio o, almeno dopo la prima caduta della volta, il progetto di quel convento. Anche nell’ipotesi che fosse diventato religioso da poco tempo e non gli venisse affidata la responsabilità delle costruzioni, non gli sarebbe stato affidato neppure l’ufficio di presidente.

00.09.1588 p. Cleto fu fatto primo guardiano dello stesso convento di Romagnano, dove, con tutta probabilità aveva abitato dal 1585[19]. Per il fatto stesso che fosse eletto primo superiore dell'appena ultimato convento significa, secondo me, che non aveva responsabilità nella duplice caduta del soffitto e quindi, ancora una volta, che non aveva progettato e seguito i lavori.

 

00.00.1590 Verano Brianza. Dopo la pasqua fu celebrato il capitolo provinciale a Cremona[20], durante il quale fu deciso di costruire il convento di Verano Brianza. P. Salvatore da Rivolta dice: “… mandarono subito P. fra Cleto con gli altri fabricieri a visitare il sito, et a formare il dissegno del luogo. Conchiuso poi il tutto fu nel giorno della Natività della B.ma Vergine dell’istesso anno 1590 eretta la Croce, e posta la prima pietra fondamentale”[21]. Da queste parole pare di capire che era lui era fabbriciere (“con gli altri”), ma non è chiaro se il disegno l’abbia fatto lui o tutti i fabbricieri insieme (come collegio). In questo secondo caso, forse, più che disegno architettonico si trattava delle decisioni concrete da seguire per progettare un convento secondo le Costituzioni cappuccine. Il paragone tra gli incarichi di Romagnano e quelli di Verano Brianza è insufficiente per trarre una conclusione, però si può vedere un progresso nel coinvolgimento di p. Cleto nelle costruzioni. Infatti a Romagnano era solo presidente del convento, qui si occupa anche della fabbrica, ma non da solo.

 

08.10.1590 Orta. In questo giorno fu iniziata la costruzione del convento cappuccino di Orta e fu mandato per primo presidente[22] p. Cleto da Castelletto, poi cancellato e di nuovo corretto in Novara[23]. P. Salvatore, da Rivolta che dà queste informazioni, non precisa fino a quando p. Cleto fu presidente. Sicuramente per breve tempo se a lui succedettero, nello stesso ufficio, p. Scolastico da Vercelli e p. Nicola da Milano e nel 1594 fu eletto il primo guardiano. Non dice neppure esplicitamente che fece il disegno del convento, ma lo fa intuire in un semplice “anche” dove scrive: p. Cleto “ad instanza del signore Abbate Canobio fece il dissegno anche delle capelle da fabbricarsi ad honore del nostro Padre San Francesco”. Secondo questa notizia p. Cleto si sarebbe occupato delle cappelle fin dall’inizio, in quanto l’Abate Cannobio morì il 24 settembre 1592[24].

La conferma di questa ipotesi viene data dallo stesso Abate nella lettera che avrebbe (dico avrebbe perché non è stata trovata) inviata al p. generale dei cappuccini a Roma il 21 luglio 1592. Dopo aver ricordato l’inizio e i fini del Sacro Monte, aggiunge: “… buon principio datto alle cappelle che saranno per la schina d’esso monte al numero di trentasei con li misterij et vita dil glorioso p. san Francesco, opperazione che causarà molta edificazione alli devoti della sac. sua religione, edificatione nel santo, et profitto notabile alle devote anime che visiteranno tal santo luogo”. Nella stessa lettera informa sulla situazione dei lavori: “il monasterio è quasi finito et… al primo capitolo che si farà nella provincia si potrà mandar la famiglia. Quanto alle cappelle per li misterij le quali saranno separate dal monasterio, se ne fabbricano tre di qualche importanza, et se darà principio a se d’altre, et al presente sono là ventiquattro scultori et molti rari muratori, li quali tutti si regulano secondo l’ordine che li da il r. p. fra Cleto fabriciero il qual possiede tutta l’importanza della fabbrica dil monasterio et delle cappelle, et senza esso padre tutti quelli mastri non sanno quello si facciano”[25]. Sicuramente la morte dell’abate rallentò i lavori, però questa lettera pecca di troppo ottimismo. Infatti, il primo guardiano non fu eletto nel capitolo del 1592 e neppure in quello del 1593, ma solo in quello del 1594[26]. Se poi il convento fosse stato a buon punto non si spiegherebbe la preoccupazione del vescovo Bascapè che ritroveremo in una lettera del 1593.

Stando sempre a quanto dice Salvatore da Rivolta la prima pietra della prima cappella del Sacro Monte, quella della sepoltura di San Francesco, sarebbe stata posta il 27 ottobre 1591 dal vescovo di Novara, mons. Pietro Martire Ponzone che morirà poco dopo, il 19 novembre 1592. Dopo la sua morte fu chiamato a reggere la diocesi di Novara mons. Carlo Bascapé, che fu eletto l’8 febbraio 1593 e fece il suo ingresso in diocesi il 30 maggio dello stesso anno[27]. Nel seguito della nostra indagine risulteranno molti tentativi da parte del Bascapé di servirsi di p. Cleto. Il vescovo non poteva fare questo, perché i religiosi sono esenti, cioè non dipendono dal vescovo, ma dal padre provinciale. Non tutti i provinciali lo assecondavano.

Senz’altro il Sacro Monte di Orta è l’opera principale di p. Cleto da Castelletto, ma le fonti non ci permettono di sapere in modo dettagliato quanto ha fatto e se ci furono altri che lo aiutarono.

 

00.08.1591 Milano convento della Concezione. Durante il capitolo provinciale presieduto dal ministro generale p. Girolamo da Polizzi fu accettato di costruire il secondo convento in Milano, quello già ricordato, che si sarebbe chiamato della Concezione o di Porta orientale[28].

Il Cronologio del convento fu scritto a partire dal 1613 ed arriva fino 1625. Nelle parti anteriori al 1613 fa opera di ricostruzione storica, mentre nelle parti successive è una cronaca, a differenza del libro delle fondazioni di Salvatore da Rivolta. Il Cronologio dice che al capitolo seguirono varie difficoltà, discussioni, cambi di luoghi per la costruzione. Il sito fu acquistato e l’atto fu rogato nel 1592, senza precisare ulteriormente la data. Immediatamente dopo si legge un testo che è identico anche in Salvatore da Rivolta: “Fece il disegno del Monastero, con quel della chiesa il Padre fra Cleto da Castelletto[29] Predicatore, conforme alle Constitutioni, et allo stato nostro, il che diede materia ad alcuni de signori fabbricieri [che erano tutti secolari] d’appartarsi per voler il disegno a lor gusto, et per non acconsentirlo i Padri per non contravenire a’ gl’ordini: così permettendo Iddio perché in esso confidino i frati, et nella sua Divina Providenza, et non ne’ favori umani, et grandi del Mondo”[30].

La Croce e la prima pietra furono poste dall’arcivescovo card. Gaspare Visconti il 2 maggio 1593[31]. Il Cronologio aggiunge: “Nel principio fu dato a’ i Padri per presidente alla fabbrica il Padre fra Cleto da Castelletto [regolarmente corretto in Novara], poscia frate Emilio da Milano sacerdote, e finalmente il Padre frate Agostino da Cantù pur sacerdote, il quale vi stette sin al fine, et a tutto fece dar perfettione”[32]. Sicuramente p. Cleto fu fatto presidente nel capitolo celebrato il 6 maggio 1594[33]. Può darsi che lo fosse anche dal 1593 quando fu posta la prima pietra, ma, in tal caso, essendo stato nominato fuori capitolo, non è annotato. Sicuramente durò poco nell’ufficio se dopo di lui fu fatto presidente p. Emilio da Milano e nel capitolo celebrato il 2 maggio 1596 fu fatto presidente p. Agostino da Cantù[34].

Il Cronologio della Concezione non riferisce altro sull’opera di p. Cleto per il convento. Notizie così generiche lasciano aperte molte domande sul ruolo svolto in questa costruzione. Qui dobbiamo fare una pausa per analizzare alcune cose scritte a proposito dei progetti di questo convento.

Nel 1893 p. Valdemiro Bonari da Bergamo pubblicò un volume in cui tracciava la storia dei conventi della provincia di Milano ed anche quella del convento della Concezione[35]. Fuori testo e con un formato grande, stampò il disegno della facciata del convento. Sul disegno è scritto da mano coeva: “Disegno della facciata della Chiesa nova delli R.di Padri Cappuccini in Milano”, mentre sotto p. Valdimiro ha fatto stampare: “Facciata della chiesa della Concezione dei cappuccini già esistente dal 1600-1820 a Porta Orientale in Milano. Tolta dall’originale secondo le correzioni dell’architetto Pellegrini e colle firme autografe del definitorio approvante”.

P. Valdimiro aggiunge qualche notizia a p. 67, ma non dice dove ha trovato il disegno, da dove ha dedotto che sia corretto dal Pellegrini e fin dove c’entra l’opera di p. Cleto. Da altra fonte sappiamo che il disegno si trovava nell’Archivio di Stato di Milano[36], ma da tempo non è più al suo posto e non si sa dove sia finito[37]. Questo impedisce di verificare se vi siano delle note dalle quali si possa dedurre quanto ha fatto stampare p. Valdimiro oppure se siano sue supposizioni.

A me sembra che ci sia una bella differenza tra la facciata pubblicata da p. Valdimiro e quella che fu ritratta al momento delle soppressioni[38]. Purtroppo il disegno che sarebbe stato corretto dal Pellegrini non è datato, ma lo si può fare tenendo conto della firma di p. Raffaele da Casale Monferrato ministro provinciale eletto il 2 maggio 1597 e rimasto in carica fino al 12 settembre dello stesso anno quando morì[39]. Quindi il disegno è del 1597. A quel tempo p. Cleto non era più presidente, e non sappiamo se seguisse ancora i lavori.

P. Valdimiro a p. 59, parlando di p. Cleto progettista rimanda alla nota n. 3 dove si legge: “Il disegno del convento e della chiesa fu poi ridotto dal famoso Pellegrini, architetto di s. Carlo” senza però precisare da dove gli derivino queste informazioni. Quello che è più grave, secondo me, è che noi possediamo solo il progetto della facciata ed ammesso che sia del Pellegrini, non possiamo dedurre che il Pellegrini sia intervenuto anche sul resto del convento.

Forse p. Valdimiro offre la spiegazione a tutto questo nella breve biografia che fa di p. Cleto nell’altro volume, dove scrive, che egli eresse conventi e chiese: “«tra gli altri il principale, quello della Concezione a porta Orientale in Milano colla rispettiva chiesa, il cui disegno sottopose prima al sapiente giudizio di Pellegrino Pellegrini, architetto di s. Carlo» (mss. del convento di Bigorio)”[40]. Per quanto abbia cercato nei manoscritti del convento di Bigorio, da me fotografati parecchi anni fa[41], non sono riuscito a trovare questa notizia, né si capisce perché avrebbe dovuto essere tra quei manoscritti una simile notizia. Penso che, come altre volte, p. Valdimiro abbia confuso i conventi e trascritto liberamente la nota, perché una nota simile si trova invece in un documento del convento di Faido. In una trascrizione, secondo me settecentesca, del documento del 27 agosto 1602, di cui si parlerà quando si tratterà del convento di Faido, il trascrittore aggiunge a pie’ pagina: “Il P. Cleto da Castelletto è quegli, che aveva fatto il disegno del convento nuovo di Porta Orientale in Milano; disegno dappoi ridotto su le regole dell’architettura dal famoso Pellegrini Architetto di S. Carlo Borromeo”[42]. Non so quale valore abbia questa affermazione, perché bisognerebbe conoscere fonti più antiche, che per il momento non ci sono. Certo che è ben diverso da come l’ha interpretata p. Valdimiro e costringerebbe a rivedere il ruolo che p. Cleto ebbe effettivamente nel progettare il convento, se poi dovette essere ridotto alle regole dell’architettura, perché potrebbe voler dire che non le conosceva.

Forse è a partire dalle affermazioni di p. Valdimiro che si pensò ad un rapporto stretto di p. Cleto con Pellegrino Tibaldi e si arrivò ad affermare che era suo allievo. Questa affermazione viene ripresa senza mai sottoporla a verifica e senza citare documenti attendibili. Così fa, ad esempio, Melzi d’Eril che lo afferma senza citare un documento, ma rimandando alla sola bibliografia[43].

Questa lunga digressione era necessaria per dire che quando si verificano in profondità le affermazioni pubblicate risulta difficile provarle con documenti antichi ed autentici. Non si fa un buon servizio agli artisti ingrandendo o diminuendo il loro ruolo, ma solo le verità provate rendono loro giustizia.

 

12.04.1593 Orta. Mons. Carlo Bascapè scrisse al canonico Boniperti, vicario di Novara, e al p. provinciale dei cappuccini perché non fosse distolto dalla costruzione del convento dei cappuccini un certo padre che se ne occupva.

Al Boniperti: ... V. S. sarà contenta di dare tutto il calore che può alla fabrica de' capuccini di Orta, et fare ogni officio possibile che gli heredi del Sig. Abb. Canobio, di bona memoria, perché sborsino i danari che deono per essa, acciò che la cosa vada inanzi. Per ciò ancora scrivo al Padre Provinciale de' capuccini, che non voglia levare di là un certo padre che vi attende. Può ancora, se di bisogno, fare intendere questo mio desiderio al Governatore della Riviera...[44].

Al Provinciale: Sono avisato che V. P. leva di Orta un padre, il quale suole haver cura della fabrica che ivi si fa per uso delle R. V. et divotione et bene di quei popoli, et che forse lo fa perché non si danno danari di seguitare essa fabrica. Et perché io desidero che l'opra vada inanzi e scrivo ancora a Novara a Mons. Vicario che faccia ogni officio, perché chi è tenuto sborsi i danari dovuti a tale effetto et so ancora che ci sono persone, che tuttavia daranno per ciò aiuto: vengo con questa a pregare V. P. che, se pure è vero ch'ella habbia tal pensiero, non voglia levare detto padre acciò che non si dia scusa ad alcuno di abbandonare quell'opera, né si raffreddi quel calore che è in molti d'aiutarla, et se per caso l'havesse levato si contenta di farvelo ritornare quanto prima. Io spero che non passerà Pasqua di molto, che, piacendo a Dio, sarò in quelle parti, et di presenza aiuterò il negotio quanto potrò[45]. Come si diceva non sappiamo se a questa data p. Cleto lavorasse ancora al convento di Orta. La lettera testimonia che Bascapé non lo e che teneva molto alla costruzione del convento, che non era poi così avanzato come faceva supporre la lettera del Cannobio del 1592.

 

Marzo-aprile 1599 Quarona. L’epistolario permette di conoscere il desiderio del Vescovo che p. Cleto si occupasse della costruzione della chiesa di Quarona. Anche i due brani di lettere non ci consentono di sapere dove p. Cleto fosse in quel momento, ma testimoniano che oramai i due si conoscevano e tra loro regnava fiducia. Registriamo il fatto senza poter concludere che effettivamente p. Cleto se ne sia occupato.

Il 21 marzo scrive al vicario di Varallo: Resto sodisfatto di quanto havete operato con gli huomini di Quarona per conto di quella fabrica. Opererete insieme che essi huomini facciano andare il Padre Fra' Cleto, che anch'io glie n'ho fatto instanza, se sarà richiesto...[46]. L’8 aprile 1599 scriveva allo stesso vicario: Per la fabrica di Quarona confido che il Padre Fra' Cleto verrà quando sarà chiamato...[47].

 

Agosto 1599, l’8 agosto 1599 Orta. Mons. Bascapè scriveva dall’Isola d’Orta questa lettera al signor Giuseppe Ferdinando Tornielli: V. S. sarà contenta avisare il Sig. Agostino Canobio che i danari mandati qua per coprire la sua cappella, mi dicono essere spesi in materia, et che ci è necessità di comprarne dell'altra; et che oltre a ciò ci va poi il pagamento delle opre; et se non si fabrica quanto prima, la materia comperata anderà male, et bisognerà far nuova spesa in essa, oltre che i muri della cappella ancor essi anderanno peggiorando, et bisognerà fare ogni cosa di nuovo. Mi pare di vedere che né si essequisce la volontà del testatore et la spesa va male, di modo che sarebbe di attendere a questa cosa con altra cura. Lo prieghi da mia parte caldamente a fare sforzo di sodisfare a questo suo obligo, che è anche obligo mio. Potrebbe mandare persona a riconoscere i conti dello speso fin qui; et saria bene che V. S. prendesse tale incommodo et ordinare per l'avenire le cose appartenenti a questa opra un poco meglio. Mentre che io sono qui aiuterò tutto il negotio et lo farò caminare con ogni buono ordine. Ma non vi vuol dimora, perché s'approssima il tempo da non potere fabricare o compire la fabrica, ciò è almeno la coperta della cappella, il che se non si fa quest'anno, ne verrà danno notevolissimo per ciò che è fatto e speso. Scrissi a mio nipote che lo facesse avisare dal Tartagna; ma hora m'è parso di scriverne a V. S. per più efficacia; et dove gli feci intendere che ci andavano a fare tal opra dugento scudi, hora mi dice il P. Fra' Cleto che ce ne andrà un poco più. Di gratia si mova hora da dovero il Sig. Agostino sodisfacendo alla conscienza sua et anche al suo interesse temporale, che così ogni cosa va male. S'ella potrà prendere il detto incommodo, io l'aspetterò con mio particolare gusto. Il Signore la benedica[48].

La lettera testimonia l’interessamento del Vescovo per il Sacro Monte d’Orta, che p. Cleto si trovava a Orta e si occupava ancora delle costruzioni.

30.06.1600 Bascapé scrive da Novara a p. Cleto che si trovava a Orta: V. R. sia contenta farmi sapere se è per venire qua in brieve, per potere fare deliberatione per finire la cappella Canobia: perciò che non dovendo essa venire, vedrò io di conchiudere per quanto potrò col Sig. Agostino di finire tale opra, secondo la relatione che me ne ha fatto il Castellano: se bene veggo che la spesa passa di assai il segno, che qui V. R. s'imaginava. Mi raccommando alle orationi sue et de' fratelli. Novara l'ultimo di Giugno 1600[49]. Riguarda sempre la cappella dell’abate Canobio.

 

10.08.1600 Fara Novarese. A questa data Bascapé si trovava a Novara da dove scriveva di nuovo a p. Cleto che si trovava a Orta: Rev.do Padre, Pax Christi.

Gli huomini di Farra sono stati da me per voltare la loro chiesa che non sia all'oriente, per più bella vista et commodità del popolo; dicendo che tale è anche il parere di V. R. pure che io mi contenti. Ma perché mi pare che un poco di commodità et bella vista debba cedere all'osservanza del Canone, il quale vediamo così esattamente osservato da' Padri antichi et da' nostri maggiori, ancora che havessero a portare le facciate delle chiese in luoghi angusti et remoti, non ho consentito, et ho detto che havrei parlato con V. R.: la quale però priego che voglia aiutare a persuadere agli huomini tale osservanza et inanimargli a fabricarla quanto prima, secondo la regola de' Sacri canoni. Et per fine mi raccommando alle sue orationi et de' fratelli. Novara 10 d'Agosto 1600[50].

I rapporti sono pieni di stima, ma anche franchi. Il Vescovo dice chiaramente di non essere d’accordo sull’orientamento della chiesa di Fara Novarese. Sappiamo che alla fine si impose la scelta di p. Cleto[51]. Non è facile sapere come vi sia riuscito, perché in questa materia il Bascapé era molto severo. Nel settembre 1596 aveva scritto a mons. Morra, segretario della Congregazione sopra i vescovi e i regolari. Si lamentava perché i religiosi erano facili nel costruire chiese senza volgerle a oriente o nel capovolgere le già costruite. Suggeriva poi questa soluzione: ... operare che si faccia officio con tutti i Generali che questa osservanza, tanto tenuta sempre nella chiesa di Dio, non si guasti almeno senza causa urgente et approbata dal Vescovo ancora, poi che anche le stesse parochiali voltano e rivoltano, come par loro. Et se V. S. Rev.ma me ne consiglierà, tenterò di impedire hora alcuno di questi rivolgimenti[52].

Al di là di questi problemi i frammenti epistolari testimoniano il coinvolgimento di p. Cleto nella costruzione della chiesa di Fara Novarese.

 

Aprile 1602 (o 1601) Locarno. Ancora una volta dobbiamo ricorrere a quanto scrive p. Salvatore da Rivolta il quale dice che il 26 aprile 1602 fu piantata la Croce e posta la prima pietra del convento di Locarno dedicato ai Santi Sebastiano e Rocco[53]. Aggiunge: “Vi fu mandato il Padre fra Cleto per presidente, il quale fece anco il dissegno del Monasterio, che non fu di gusto a molti per l’incommodità del sito”[54]. Non viene precisata la data in cui p. Cleto andò a Locarno. Gli ambasciatori svizzeri, in data 26 luglio 1601, stesero un documento per l’edificazione del convento. In esso si legge che i cappuccini erano già stati sul posto ed avevano accettato e piantata la croce[55]. Se, infatti, si sposta al 1601 l’andata a Locarno diventa più ragionevole anche la cronologia che si sta ricostruendo, perché di sicuro nel mese di luglio del 1602 aveva parlato con mons. Bascapè. Non essendovi altre prove, tutto questo rimane a livello di ipotesi.

Riesce più difficile capire che cosa non sia piaciuto: il progetto fatto da p. Cleto o il luogo? Né vengono spiegate meglio le ragioni.

 

Giugno-luglio 1602 Santa Maria della Gelata di Soriso. Da due brani di altrettante lettere scritte al canonico Gasco, vicario foraneo di Gozzano, risulta che il Bascapé aveva incaricato p. Cleto di interessarsi ad una chiesa dedicata alla Madonna: ... Farò vedere dal p. Fra Cleto il disegno di S. Maria et lo manderò, perché si dia principio alla fabrica quanto prima. Però farete che i danari siano pronti...[56]. ... Farete che si dia principio alla fabrica della Madonna subito, conforme a quello che dirà il P. Fra Cleto, col quale ho parlato abastanza, sì che trovi, alla mia venuta, l’opra cominciata...[57]. Anche questi brani di lettera testimoniano un rapporto fatto di incontri, di dialoghi e di lavoro. Possiamo presumere che p. Cleto si trovasse ancora ad Orta. La chiesa in questione è quella di Santa Maria di Soriso, detta anche della Gelata. Infatti, già l’anno precedente lo stesso Bascapé aveva scritto al vicario foraneo di Gozzano: ... Furono ancora raccolte limosine per ampliare l’oratorio di S.ta Maria di Soriso, che si dice della Gelata, et non sono state spese. Però ne cercherete conto et le farete sborsare: et se bisognerà per ciò monitorio, lo daremo...[58].

 

08.07.1602 Omegna. Un altro frammento di lettera del Bascapé al Vicario di Omegna, testimonia che p. Cleto allargava sempre più il campo della sua azione in stretta collaborazione con il vescovo: ... Farete essequire in cotesta chiesa il disegno del P. Fra Cleto, specialmente quanto a fare il battistero, che a lui ho dichiarato la mente mia...[59]. Questa volta sembra che questi progetti non siano stati realizzati[60]. Forse non ebbe neppure il tempo di andarvi perché il 27 agosto 1602 firmava un documento a Faido, in Svizzera, come diremo più avanti trattando di quel convento cappuccino.

 

17.12.1602 Orta. Bascapè, da Novara, scrive a Pietro Paino, canonico di San Giulio: Si sono ricevuti qui da’ miei dugento ducatoni dalli Deputati del monte della pietà per apparecchiare materia alla fabrica della cappella Canobia, altretanti ne sborserete voi costì delle entrate di questa mensa al detto fine. Vi deputiamo insieme con Giulio Gabriele alla detta fabrica; però farete consegnare da Steffano Tartagna tutta la materia che ha dato conto di havere comperata al medesimo effetto, avvertendo che il prezzo corrisponda alla roba et farete prima i conti con lui giustificatamente del ricevuto e speso, et me ne darete relatione. Per hora basterà che facciate coprire i muri in modo che non si guastino più di quello che sono. Et per fare la detta provisione di materia vi consulterete col p. Fra Cleto capuccino bene informato et autore del disegno. I danari darete fuori di mano in mano che sarà necessario spenderli, notando ciascuna partita con la causa, et pigliando le ricevute, quando converrà, acciò che si possa rendere bon conto, ove sarà di bisogno. Se sarà di mestiero altra provisione da noi, ci aviserete alle occorrenze. Questa sarà commune a voi et al detto Gabriele, i quali confidiamo che userete la diligenza et fatica che sarà di bisogno per amor di Dio, honore di S. Francesco et anche per amor nostro...[61]. Questo testo dimostra che p. Cleto abitava ancora a Orta, era autore del progetto della cappella dei Canobio ed il vescovo poneva in lui molta fiducia.

 

18.05.1603 Varallo Pombia, Santuario Madonna del Rosario. Questa è una notizia che si ricava da fonti diverse da quelle che vengono usate in questo studio, ed è un esempio di quanto si diceva, cioè che la biografia di p. Cleto deve essere completata dagli archivi locali. La notizia si trova in un inventario del 1682, nel quale si legge: Detto choro è con due mezze lune, et una fenestra tutta serrata con invetriate, et sue ramate et dalli gradini della balaustrata sino alla porta di detta Chiesa vi sono brazza venti sette, et mezzo, larga brazza quindeci secondo il disegno fatto dal padre fra Cleto capucino da Castelletto sopra Ticino, et sotto scritto dal Vicario Generale Sig. Oratio Besozzo il dì dieci otto maggio 1603… Il documento è stato pubblicato recentemente[62], anche se mancano ulteriori informazioni e fonti.

 

06.06.1603 Auzate. Una nuova lettera ci permette di vedere come il Bascapé ricorreva sovente a p. Cleto. Si trattava di fare un preventivo per una cappella nella chiesa di Auzate. Il cappuccino, fedele alle sue regole di non ingerirsi in affari economici, non voleva pronunciarsi, ma il vescovo riuscì, probabilmente in vari incontri, a farsi un’idea del pensiero di p. Cleto: Mi fu detto a Borgomanero che il P. Fra Cleto non voleva arbitrare il prezzo della cappella da farsi dagli heredi di Giulio Tono nella chiesa di Ozato, secondo il mio decreto, parendo che sia come un dar sententia. La onde io gli ho parlato et tra quello che pure si cava da lui e da mastro Silvestro, veggo che il prezzo si può convenevolmente stabilire in lire cinquecento; et così farete essequire, dandomi aviso poi dell’essecutione...[63].

 

06.10.1604 Varallo. In questa data il Bascapé si trovava all’Isola San Giulio, da dove scrive ai fabbricieri del Sacro Monte di Varallo : Il P. Fra Cleto capuccino s’è contentato di venire a visitare un tratto cotesta fabrica del Monte. Potranno farlo vedere tutto con gli ordini da me lasciati in mano, et fare che il maestro di tali fabriche sia presente; et io intenderò poi qui da lui quanto ricorderà et scriverò di nuovo ciò che sarà di bisogno. Vi raccommando il detto Padre; et per fine vi benediciamo[64].

Carlo Bascapé inviava p. Cleto al sacro Monte di Varallo perché verificasse gli ordini lasciati in visita, desse consigli a lui che avrebbe scritto poi altri ordini. Non va quindi a Varallo spontaneamente facendosi precedere da una lettera del vescovo, come scrive G. Melzi d’Eril[65]. Né va a Varallo per “aggiornarsi sul repertorio alessiano” come scrive Elena De Filippis[66]. Se non erro, la visita ebbe i suoi effetti, perché Bascapé scrisse altri ordini ai fabbricieri di Varallo in data primo febbraio 1605 [67] che potrebbero comprendere argomenti suggeriti dallo stesso p. Cleto.

 

09.10.1604 Doccio vicino a Borgosesia. Solo tre giorni dopo la precedente lettera, quindi in un rapporto quasi quotidiano personale (quindi senza bisogno di lettere), Bascapé presentava p. Cleto al curato di Doccio, vicino a Borgosesia, chiedendo di aiutarlo mentre si recava in quel paese per procurare la creta per le statue: Viene il P. Fra Cleto Capuccino per havere creta da fare alcune statue di divotione a conto mio qui in Orta; mi farete piacere particolare a dargli in ciò ogni aiuto et operare che glielo diano ancora cotesti huomini in tutto ciò che sarà di mestiere, et di gratia non mancate. Con che vi benediciamo[68].

 

06.03.1605 Orta. Bascapé scrive da Novara a Giulio Maffioli, che abitava a Roma: Io credeva che le fusse stato dato aviso di dare ordine per le statue della sua cappella, subito che quelle della nostra fussero spedite, che così io ordinai in Riviera, ma hora intendo che ciò non è stato essequito et che però l’artefice, fornite le nostre, se n’è partito con qualche querela di non havere havuto da seguitare il suo lavoro sì come dice che il P. Cleto gli havea promesso. Però, sapendo io la vostra mente, ho tolto a scrivere questa, perchè vi piaccia dare tale ordine et non solo per la vostra cappella, ma anche per quella altra fatta di oblationi di Roma, che vedrò di fare ritornare il detto artefice quanto prima...[69]. Questo documento testimonia la continuità dell’impegno di p. Cleto per il Sacro Monte.

 

Gennaio 1606 Cannobio. Da alcune lettere veniamo a sapere che p. Cleto fu mandato al convento di Cannobio. Non sappiamo il motivo. P. Salvatore da Rivolta, descrivendo fatti strepitosi avvenuti in quel convento nel 1604 dice che si fabbricavano alcune stanze[70], ma questo non è sufficiente per dire che fu mandato per seguire i lavori.

Ecco i fatti. Il 7 gennaio 1606 si celebrò il capitolo provinciale nel quale fu eletto ministro p. Pietro da Lodi[71]. È probabile che, in tale occasione, p. Cleto sia stato mandato a Cannobio, come risulta da una delle lettere seguenti. Ormai in ritardo, il Bascapé scriveva al nuovo provinciale: Molto Rev. Padre, Pax Christi. Perché hora le cose del monte di Orta et di quelle cappelle di S. Francesco pigliano buono accrescimento, importerebbe molto che il P. Fra Cleto potesse assistere a quell’opra, et però priego V. P. a lasciarlo in quel convento, che sarà cosa molto buona a gloria di Dio et del Santo; et io lo riceverò per cosa gratissima. Et per fine alle sue orationi mi raccomando. Novara 8 Gennario 1606[72].

Non mancò di avvertire Nicolò Maffioli, che stava a Orta, della sua iniziativa, senza lasciare però molta speranza: Ho scritto al Provinciale de’ capuccini perché voglia mettere il p. fra Cleto in cotesto convento, se bene il capitolo si era finito [...]. Mando la elettione de’ Fabriceri. Et, perché io voglio sempre poterne aggiungere uno a i nominati, vi ho eletto per terzo ben volentieri, acciò che possa aiutare l’opra come spero dalla sua bontà [...]. Io faccio instanza a questi Sig.ri Deputati del monte di pietà per l’opra della cappella canobiana; non hanno danari per certe spese grosse che hanno fatto quest’anno nelle possessioni, ma spero che per l’avenire ne daranno a sofficienza. Hora faranno un mandato di cento scudi da darsi de’ primi che riceveranno, che dicono sarà fra un mese...[73].

La risposta del p. Provinciale fu negativa anche se lasciava la possibilità di richiamarlo da Cannobio. Questo era quanto Bascapé comunicava al Castellano dell’Isola: ... Aviserete i fabriceri del monte, che se bene il P. Fra Cleto non si è potuto collocare in cotesto monastero, si potrà però chiamare a’ bisogni da Canobio dove sta, che così mi fa sapere il P. Provinciale loro...[74].

Questi frammenti dell’epistolario del Bascapè, anche se non permettono conclusioni sicure, sono comunque un apporto importante per comprendere l’opera di p. Cleto.

 

Aprile 1606 Orta. Forse Bascapé riuscì ad ottenere per qualche tempo p. Cleto. Infatti nel mese di aprile era certamente al Sacro Monte di Orta, come risulta dalle due lettere seguenti. La prima è anche la più importante perché il cappuccino veniva  incaricato di fare un disegno universale del Monte con tutte le strade e i luoghi dove si prevedeva la costruzione delle cappelle: ... Operate insieme con li Fabriceri che si segnino dal P. Fra Cleto tutte le strade del monte, et dove vanno cappelle, per hora, vi si pianti almeno una croce appresso ad esse strade poi si pianteranno arbori a suo tempo et si faranno ancora pilastrelli con letture o pittura in luogo delle croci. Avisate ancora i Fabriceri, sì come ho detto a questi, che non si facciano né cappelle, né statue senza scrivermi prima, acciò che io le approvi; et voi insieme con loro farete instanza ancora da mia parte al detto Padre che di gratia vada stendendo il disegno universale del monte et anche di ciascuna cappella in particolare...[75].

La seconda lettera, scritta al dottor Giovanni Antonio Martelli e indirizzata a Orta, era di incoraggiamento nel realizzare il suo progetto di edificare una cappella. Importante vedere come vuole che si segua il “parere et indrizzo” di p. Cleto, anche se si riserva di dare il giudizio definitivo. Ho sentito molto gusto della buona opra che vi siete posto a fare con fabricare una cappella sopra cotesto monte; seguitate con la benedittione del Signore, se bene non me ne havete prima fatto sapere altro, ho caro et desidero che tutto si faccia col parere et indrizzo del P. Fra Cleto, ma non voglio che si cominci né opra di muro, né statue che prima non mi si mandi il disegno et la descrittione del tutto da approbare. Sopra essa cappella non vi dico altro se non che vi ricordo a fare una opra che potiate vedere finita presto, con ricordarvi delle pitture che vanno dentro, et che deono essere di mano eccellente. Circa il fare nella cappella altare da celebrare[76] et constituirvi un beneficio col patronato della vostra famiglia, per hora dico che non mi par bene di mettere altari da celebrare nelle cappelle, et vi consiglio a ciò fare più tosto nella parochiale, che sarà cosa migliore per più ragioni, se ben forse non così conforme al vostro gusto; ma quanto sarà più cosa secondo la volontà del Prelato et non vostra, tanto più sarà grata a Dio...[77].

 

Settembre-ottobre 1606. È il caso di dire che i superiori non accontentavano spesso i vescovi anche se amici. Perciò p. Cleto veniva lasciato solo temporaneamente ad Orta. Nel mese di settembre 1606, trovandosi il Bascapé all’Isola di San Giulio, scrisse nuovamente al p. Provinciale, che era ancora p. Pietro da Lodi. Chiedeva che lasciasse andare temporaneamente p. Cleto a Orta per quelle costruzioni: Havendo io di bisogno di trattare cose importanti col P. Fra Cleto per servitio di queste fabriche, priego V. S. a lasciarlo venire qui un tratto prima ch’io parta, designando io di partire in brieve; che me ne farà gratia particolare. Per fine alle orationi di V. P. et de’ fratelli molto mi raccommando. Dall’Isola di S. Giulio il p° di Settembre 1606[78].

La risposta dovette essere positiva, come risulta dalle tre lettere seguenti, scritte nel mese di ottobre al Castellano, al Dottor Giovanni Antonio Martelli ed ancora al Castellano. Nella prima chiede al Castellano di far lavori alle strade e di far piantare alberi mentre p. Cleto era presente: ... Direte a’ fabricieri del monte di S. Francesco che si vagliano della presenza del P. Fra Cleto a fare le strade et piantare gli arbori, per li quali darete l’ordine che vi parrà di bisogno alle terre della Riviera per trovarle. Io vado descrivendo le cappelle, secondo che posso avanzare tempo...[79]. Al Martelli inviava la descrizione della sua cappella sollecitando eventuali pareri di p. Cleto: Vi mandiamo la descrittione fatta per la vostra cappella. Occorrendo a voi o ad altri, massime al P. Fra Cleto, di replicare qualche cosa, udiremo volentieri. Così facciamo ancora per quella della communità, alla quale si potrà mettere l’arme di essa communità sopra la porta, come richiedete, ma con lasciarci luogo più degno da mettervi cosa sacra, come si dee fare a tutte le cappelle. Et saria bene ancora differire ciò all’ultimo per esserci pochi danari. L’inscrittione poi potrà stare.

Il libro che richiedete è intitolato: “Iconologia” di Cesare Ripa Perugino, stampato a Milano[80]. Non farete però fare opra alcuna senza scriverci...[81]. Infine nella terza lettera, chiedeva al Castellano di sollecitare un giudizio sullo stipendio da attribuire ai pittori: ... di gratia fate voi finire quelle pitture della cappella senza dimora et poi secretamente mandatemi il parere del P. Fra Cleto di quello che presso a poco si potrebbe pagare a’ pittori; hanno havuto diciotto scudi et, a quello che scrive il Ferino, pare che pretendano gran cosa et non so donde lo cavino; ma, in ogni caso, voglio che siano pagati compitamente...[82].

Bascapé si recò a Roma dal 24 ottobre 1606 al marzo 1607[83]. La sua assenza dalla diocesi rallentò un po’ questo ritmo intenso. Da Roma scriveva nel mese di febbraio 1607 per far ritrovare il disegno di p. Cleto riguardante la cappella canobiana: ... Ho sentito piacere che V. S. habbia ricuperato danari per la fabrica della cappella Canobiana et la priego a continuare in opra così pia, perché se ne vegga bon progresso. Il disegno del P. Fra Cleto V. S. havrà nella nostra cancellaria posto in uno instromento del Micheli; la descrittione delle statue darò poi io in brieve, piacendo a Dio, costì...[84].

 

1607-1608 Ivrea. Da p. Salvatore da Rivolta sappiamo che nel capitolo provinciale celebrato il 14 gennaio 1605 fu accettato di costruire un convento a Ivrea. Nel 1606 i frati andarono a vedere il luogo che piacque. Scrive poi: “Il buon Padre fra Cleto fabriciero, et ingegnero fece il dissegno, ed alli 20 agosto” il vescovo di Ivrea benedì la Croce e pose la prima pietra. Nel febbraio 1607 p. Cleto fu mandato come presidente e diede inizio alla costruzione[85].

La cronologia è sempre molto incerta. Ciò diventa evidente soprattutto in rapporto alla data dell’elezione del primo guardiano che indica sia quando p. Cleto cessa di essere presidente sia il momento in cui si stabilisce la comunità, perché i lavori importanti sono terminati. Mentre p. Salvatore dice che il primo guardiano fu eletto nel capitolo provinciale celebrato il 28 ottobre 1608, il Cronologio della Concezione dice che fu eletto nel capitolo celebrato il 28 ottobre 1607[86]. Siccome il Cronologio segue molto la cronologia, penso che abbia ragione. Ma ciò significherebbe che il convento è stato costruito in pochi mesi ed altrettanto breve è stata la permanenza di p. Cleto a Ivrea.

 

1607-1612 Convento di Faido.

Uno studio recente condotto su documenti mai utilizzati[87] dimostra ancora una volta le lacune e le inesattezze di p. Salvatore da Rivolta. Ad esempio non dice che i frati fecero una prima visita a Faido nel 1602. I cappuccini furono costretti ad edificare questo convento per interventi vari: le autorità civili, il card. Federico Borromeo, san Lorenzo da Brindisi, i papi Clemente VIII (1592-1605) e Paolo V (1605-1621). Il p. provinciale, p. Amedeo da Gallarate, insieme ad altri frati, compreso p. Cleto, si recarono sul posto e, in data 27 agosto 1602, scrissero un documento ufficiale, quasi notarile, nel quale si ponevano sei condizioni per accettare un convento in quel paese[88]. P. Cleto firmò come fabbriciere.

Non abbiamo documenti per sapere cosa sia successo tra il 1602, quando fu praticamente rifiutato il convento in Faido, e il 1607 quando il capitolo provinciale lo accettò per forza. Il p. provinciale, Pietro da Lodi, si recò a Faido per piantare la Croce e porre la pietra fondamentale il giorno di Pentecoste 3 giugno 1607.

Dobbiamo ricorrere di nuovo a p. Salvatore da Rivolta, il quale scrive: “Vi fu messo il Padre fra Cleto da Castelletto per fabriciero, e presidente della fabbrica con il Padre fra Bernardino da Desio Sacerdote l’istesso anno, quali molto si affaticarono intorno alla fabbrica, e vi stettero sino l’anno 1612 dando buono esempio di loro a quei popoli, quali gli erano affezionatissimi”[89].

Ancora una volta la cronologia di p. Salvatore non ci aiuta a capire quando p. Cleto andò a Faido se quasi contemporaneamente era impegnato a Ivrea, né spiega se fu presente ininterrottamente dal 1607 al 1612, ciò che contrasterebbe con le notizie che emergono da altre fonti, neppure dice se ha fatto i disegni del convento. Ciò è presumibile anche per una certa somiglianza con il convento di Orta, però non viene detto.

 

Maggio-ottobre 1607. Bascapé, ritornato in diocesi, si interessava nuovamente per avere p. Cleto a Orta. Avvertì prima di tutto il canonico Ferino, vicario foraneo dell’Isola[90], che lo avrebbe chiesto al p. Provinciale. Poi scriveva direttamente allo stesso ministro, p. Pietro da Lodi: Mi si fa grande instanza dalla Riviera che io prieghi V. P. a fare più copia che può a quel monte del P. Fra Cleto, et desiderandolo io ancora per profitto di quella Santa opra, faccio volentieri tale officio. So che V. P. ne ha bisogno in altre parti, tuttavia la priego, quanto posso, overo ad assegnarla a Orta, con mandarlo poi dove sarà bisogno, overo, se non potesse, ordinare che ci vada quanto più potrà, che di ciò riceverò molto piacere da V. P., alle cui orationi con quelle de’ fratelli, per fine, molto mi raccommando. Novara 03.05.1607[91].

Forse p. Cleto poté andare alcuni giorni a Orta, ma senz’altro non era più là nel mese di settembre, quando il Vescovo si trovava all’Isola e gli scriveva per sollecitarlo ad essere alla sua residenza[92] per occuparsi delle strade. Sono pure interessanti i particolari che emergono da questa lettera a proposito del disegno generale del Sacro Monte: Desidero molto che V. R. si trovi alla sua residenza d’Orta a compire le strade del monte in tempo che si possano piantare gli arbori restanti. Et perché descrivendo le cappelle, il che ho finito di fare, ho giudicato di dovere variare in qualche parte il disegno delle strade et cappelle che V. R. mi lasciò sbozzato, havendo anche riconosciuto il tutto io stesso caminando tutte le strade del monte, io ne farò cavare un altro netto et lo manderò a tempo a Fabriceri acciò che si seguiti, se bene havrò caro che V. R. me ne dica il suo parere in quello che discorderà dal disegno nuovo. Et perché nella cappella Canobia che è l’ultima ancora nel detto suo disegno si ha da mostrare il sepolcro visitato da Papa Nicolò V, come si descrive nel fine del 2° libro delle Croniche[93], bisogna avvertire, prima che si vada innanzi, che la fabrica di essa cappella confaccia con la detta descrittione, il che non mi pare che riesca hora a vedere quello che è fatto, et mi pare che per ciò sia necessario aiutarsi con quello che resta da fare di dietro dalla fabrica già fatta, scostandosi dal fondamento che ivi è già posto; nel che V. R. potrà l’ordine che le parrà a’ Fabriceri quanto prima (sic), riletto che habbia la detta narratione nel fine del secondo libro. Per fine mi raccommando alle sue orationi. Isola etc. 15 Settembre 1607[94].

Questa volta p. Cleto fu lasciato per un po’ di tempo a Orta, perché nel mese successivo il Bascapé scriveva all’amico p. Filippo Gallina da Milano, Commissario generale, che doveva convocare il capitolo provinciale per il 28 ottobre: Io havrei con mia molta consolatione veduto et goduto qui V. P., ma poi che non si può, di nuovo la saluto con ogni affetto, pregandola a pregare et far pregare per me et per questa Chiesa in cotesta sacra congregatione. Et io, per fine, priego da Dio abondanza delle sue Sante gratie. Novara 24 Ottobre 1607... Desidero che si tenga il P. Fra Cleto di stanza a Orta[95].

Quasi certamente l’esito di questa richiesta non fu positiva sia perché non si concilierebbe con l’opera svolta a Faido sia perché nell’aprile dell’anno successivo il vescovo scriveva nuovamente al Commissario dei cappuccini[96]. Con questa lettera il vescovo chiedeva di inviare per quindici giorni p. Cleto insieme a fra Ponziano da Vigevano, il quale, come sappiamo da altra fonte, era “tanto atto per le piante et per le strade”[97]. Ed ecco il testo della missiva: Molto Rev. Padre, Pax Christi. Il P. Provinciale si contentò a’ dì passati di mandare il P. Fra Cleto a Orta per stabilire certe cose necessarie per una volta circa la fabrica di quel Monte, ma non essendovi potuto dimorare, secondo il bisogno, priego V. P. di ordinargli che vi torni quanto prima et vi dimori quindeci giorni per tale stabilimento; et se si contenterà accrescermi la gratia mi sarà molto caro che con lui si trovi Fra Pontiano da Vigevano per l’aiuto dell’opra. Col qual fine, alle orationi di V. P. et de’ fratelli molto mi raccommando. Novara 19 Aprile 1608[98].

Carlo Bascapé si interessò del Sacro Monte di Orta anche negli anni successivi fino alla morte, avvenuta il 6 ottobre 1615, ma dall’epistolario non risultano altre notizie su p. Cleto da Castelletto. Ciò non significa necessariamente che il cappuccino non si sia incontrato altre volte con il Vescovo o non abbia ricevuto sue commissioni o non sia stato presente al Sacro Monte. Da altra fonte sappiamo che egli fu presente nel mese di dicembre del 1610[99]. Sappiamo ancora che il disegno della sesta cappella fu affidato a p. Onorato da Milano con spesa fatta il giorno 8 luglio 1614[100], che fece anche il disegno del convento cappuccino di Oleggio[101]. Ciò non impediva di affidare altro lavoro a p. Cleto da Castelletto, al quale furono consegnati otto cartoni da disegno con spesa sostenuta il giorno 9 settembre 1614[102]. Sappiamo ancora che nel 1615 era a Orta, perché Francesco Quagliotti lo ricercò per i lavori di ampliamento del Collegio. Gli rispondeva Girolamo Torelli avvisandolo che p. Cleto era debole per le medicine che stava prendendo e stava lavorando per fare un disegno per una cappella del Sacro Monte da mandare a Roma. Anche lo stesso Quagliotti inviava al cappuccino una lettera in data 15 luglio 1615[103].

 

04.02.1618 Pallanza.

Narra p. Salvatore da Rivolta che gli abitanti di Pallanza dedicandosi al commercio si arricchirono al punto da diventare avari con tutte le conseguenze spirituali e sociali. Il Bascapé cercò rimedio nella predicazione specialmente dei cappuccini. Qualche traccia della predicazione dei cappuccini è presente anche nell’epistolario del vescovo. Da questa frequentazione nacque il desiderio di avere un convento cappuccino. I frati resistevano alla richiesta perché erano troppo vicini i conventi di Arona e di Cannobio. Finalmente fu accettato nel capitolo celebrato l’anno 1617. Ma nacquero alcune difficoltà poi superate. Fu piantata la croce il 4 ottobre 1617 e posta la prima pietra il 4 febbraio 1618[104]. Solo della seconda celebrazione si indicano anche i nomi dei cappuccini presenti e partecipanti. Tra di essi vi è anche p. Cleto da Castelletto in qualità di Predicatore e di fabbricere. Non si dice chi abbia fatto il disegno del convento[105].

 

1618 Cerro Maggiore.

La costruzione del convento di Cerro Maggiore era iniziata nel 1583. Scrive poi p. Salvatore da Rivolta: “L’anno 1618 vedendo i P. che questo luogo minacciava rovina, per esser poco ben fabbricato e scomodo d’alloggiare i frati passeggeri, e senz’infermerie, con occasione di un’offerta fatta dal s. r Pompeo Crivelli gentiluomo amorevole e divoto della Religione di voler con un suo amico soccorrere, perché si facesse questa fabrica, hanno deliberato di buttare a terra gli due dormitori, e fabricarlo di novo con maggior numero di celle, e due infermerie. Per questo fine il P. F. Cleto fabbriciere et ingegnero ha fatto il modello, et è stato messo in questo luogo per rinnovarlo…”[106].

Qui p. Cleto morì l’11 febbraio 1619. Resta inspiegabile perché p. Salvatore da Rivolta non parli della sua morte.

 

Ciò che emerge da questa ricerca è importante rispetto a quello che si sapeva di p. Cleto da Castelletto Ticino, però ci sono ancora tante lacune sulla sua persona, sulla sua competenza in materia progettuale, sulla cronologia della sua vita e della sua attività, sulla dimensione spirituale della sua vocazione francescana. Ciò rende più difficile uno studio sull’architettura dei conventi cappuccini della provincia di Milano, molto estesa anche dopo la separazione della provincia di Brescia avvenuta nel 1587. Pur con tutti i limiti, i risultati attuali sono il massimo che possiamo ricavare dai documenti conosciuti. Temiamo che altre scoperte possano precisare solo qualche aspetto ed aggiungere alcuni particolari a causa del problema della mancanza di una sua biografia antica e autentica. Le fonti stesse sono imprecise, incomplete, a volte, contraddittorie, come si è potuto costatare in varie occasioni.  Ciò non deve meravigliare, perché sappiamo bene che la storiografia, come l’intendiamo oggi, è abbastanza recente.

Nonostante questi limiti, imposti dalla documentazione, p. Cleto risulta una personalità importante per l’edilizia religiosa della diocesi di Novara e per i conventi cappuccini della provincia di Milano. Ciò è tanto più deprecabile se si pensa che di altri frati cappuccini della provincia di Milano e di Brescia, che si occuparono di costruzioni dei conventi, esiste nessuna o poca documentazione.

 

 



[1] Libro cronologico del convento de’ frati capuccini della Concettione in Milano, Archivio Provinciale Cappuccini Lombardi (APCL), A 301, f. 180r.

[2] Così nel documento sui cappuccini e la peste di Varese: F. Merelli, Le cappelle del Rosario al sacro Monte sopra Varese: l’opera dei cappuccini, Centro Studi Cappuccini Lombardi, Milano 1991, p. 129-130.

[3] Viene chiamato da Gozzano in: Pellegrino da Forlì, Annali dell’ordine dei frati minori cappuccini, vol. I, Milano 1882, p. 189-192; Valdemiro Bonari da Bergamo, I cappuccini della provincia milanese dalla sua fondazione – 1535 – fino a noi II/1, Crema 1898, p. 264s. e altri.

[4] F. Merelli, Libro dei frati Minori Cappuccini morti nel luogo di Varese [1562-1768], Archivio Provinciale Cappuccini Lombardi, Milano 1990, p. 6.

[5] Pubblicata sotto il nome di Filippo Bagliotti Nob. Patrizio Novarese, in Milano, da Ambrogio Ramellati. Si può ritenere che l’autore sia un cappuccino. Risulta, infatti, da un documento non datato che i fabbricieri di Orta chiesero di poter avere un frate sacerdote con un compagno per la questua in favore delle cappelle ed un altro che descriva i misteri ritratti nelle stesse. Nel cenno di risposta si legge : “ Quanto alla cerca risponde la deffinitione non potere far di più di quello si è pratticato questi anni passati. Quanto al resto si è deputato il P. Giuseppe da Novara”. È firmato da F. Protasio da Milano Provinciale, il quale fu provinciale dal maggio 1664 all’aprile 1667.

[6] F. Bagliotti, Le delizie, Op. cit., p. 31.

[7] Il Santuario di S. Francesco d’Assisi e l’incoronazione papale del Miracoloso Simulacro della Vergine delle Grazie venerata nella chiesa dei PP. Francescani sul Sacro Monte di Orta Novarese, Gozzano, Tipografia Fratelli Antonioli, Gozzano 1906, a pag. 21.

[8] Castelletto è stato cancellato e sostituito da Novara poi cancellato anche questo e riscritto Castelletto.

[9] Anche Promotore è stato corretto, ma non si comprende più in che cosa.

[10] Libro cronologico del convento de’ frati capuccini della Concettione in Milano,  APCL, A 301, f. 180r.

[11] Nel Necrologio dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di San Carlo in Lombardia, Curia Provincializza dei Frati Minori Cappuccini, Milano 1982 sotto la data 11.02.1619 è registrato come fratello laico.

[12] F. Merelli, L'ufficio di "Predicatore" tra i Cappuccini lombardi, Curia Provincializia dei Frati Minori Cappuccini, Milano 1988, p 75.

[13] I fabbricieri non erano sempre esperti in costruzioni, come suggerisce Agostino Colli, La figura e l’opera di P. Cleto da Castelletto Ticino, in Architettura cappuccina. Atti della giornata di studi storici sull’architettura cappuccina. Trento Biblioteca Provinciale Cappuccini 28 maggio 1993, Edizioni Autem, Trento 1995, p. 66-70.

[14] Archivio Provinciale S. Barnaba, Epistolario di Carlo Bascapé trascrizione dattiloscritta. La sigla LE indica le lettere Episcopali che saranno quelle qui citate.

[15] F. Merelli, Carlo Bascapè e i frati cappuccini di Orta in Carlo Bascapè sulle orme del Borromeo. Coscienza e azione pastorale in un vescovo di fine Cinquecento. Atti dei convegni di studio di Novara, Orta e Varallo Sesia 1993 - IV. Centenario dell'ingresso in diocesi del vescovo Carlo Bascapè 1994, Interlinea Edizioni, Novara 1994, pp. 335-360, tratto di p. Cleto alle pp. 346-355. F. Merelli, Vita e vicende di Padre Cleto da Castelletto Architetto e ideatore del Sacro Monte di Orta, in La campana di Orta, Parrocchia di Orta, Orta 1994 gennaio-giugno, pp. 3-7.

[16] Metodio da Nembro, Salvatore da Rivolta e la sua Cronaca, Centro Studi Cappuccini Lombardi, Milano 1973, p. CXXXII, 631.

[17] Metodio da Nembro, Op. cit., p. 427-428.

[18] Sembra che le notizie fornite da A. Colli, Op. cit., p. 67, non corrispondano al testo di Salvatore da Rivolta, tanto più che trascura il fatto della caduta della volta.

[19] Metodio da Nembro, Op. cit., p. 428.

[20] Metodio da Nembro, Op. cit., p. 79.

[21] Metodio da Nembro, Op. cit., p. 436.

[22] Presidente del costruendo convento, non presidente della fabbrica come dice A. Colli, Op. cit., 67, che aggiunge, di sua iniziativa, che p. Cleto fu fatto anche presidente del Sacro Monte.

[23] Metodio da Nembro, Op. cit., p. 445, il quale però non segnala questa correzione e nella nota fa un ragionamento che non avrebbe fatto se ne avesse tenuto conto.

[24] Didimo Patriofilo, Il sacro monte d’Orta, Giuseppe Galeazzi, Milano 1777, il quale non nomina mai p. Cleto da Castelletto Ticino.

[25] M. Di Giovanni Madruzza, G. Melzi d’Eril, Isola San Giulio e Sacro Monte d’Orta, Istituto Bancario San Paolo, Torino 1977, p. 107.

[26] Purtroppo p. Salvatore da Rivolta non dice le date in cui vennero celebrati i capitoli provinciali del 1592 e del 1593: Metodio da Nembro, Op. cit., p. 78.

[27] Per le date si veda: Hierarchia Catholica, vol. III, 1932, p. 261. Per Bascapé si veda: Innocenzo Chiesa, nuova edizione a cura di Sergio Pagano, Vita di Carlo Bascapè Barnabita e vescovo di Novara (1550-1615), Leo S. Olschki, Firenze 1993.

[28] La data è ricavata da APCL, A 301, citato alla nota 1, f. 25v.

[29] APCL, A 301, f. 26r. porta i segni della solita sostituzione del nome del paese con aggiunta a lato una parola poi cancellata ed ora incomprensibile.

[30] APCL, A 301, f. 26r.v.; Metodio da Nembro, Op. cit., p. 470.

[31] Concordano entrambe le fonti citate alla nota 30.

[32] APCL, A 301, f. 27.

[33] APCL, A 301, f. 29v.

[34] APCL, A 301, f. 231v. dove c’è un po’ di confusione sulle date.

[35] Valdemiro Bonari da Bergamo, I conventi e i cappuccini dell’antico Ducato di Milano. Memorie storiche raccolte da manoscritti, Parte prima i Conventi, Tipografia S. Pantaleone di Luigi Meleri, Crema 1893. La storia del convento occupa le p. 56-91. Nella parte seconda volume II, Biografie dei più distinti nei secoli XVIII e XIX. Tipografia S. Pantaleone di Luigi Meleri, Crema 1899, p. 649 breve biografia su p. Cleto.

[36] Archivio di Stato di Milano, Fondo Religione 6500, (anticamente busta n. 17). Si veda: Callaey Fredegando da Anversa, Inventarium documentorum ad historiam Fratrum Minorum Capucinorum spectantium quae Mediolani in Archivo status servantur, in Analecta ordinis capuccinorum 028 (1912) p. 348. Ciò è confermato anche da un inventario fatto da p. Galdino da Mezzana Superiore, APCL, P 1003/14. È pubblicato anche in Costanzo Cagnoni, I frati cappuccini. Documenti e testimonianze del primo secolo, IV, appendice documentaria tavola 7 B, con segnatura errata.

[37] APCL, P 1003/14 pag. 131 annotate le mancanze nell’estate 1984 da p. Agostino Colli e nel 1988 da me.

[38] Si veda la foto fuori testo pubblicata da Metodio da Nembro, Op. cit., dopo la p. 256.

[39] Metodio da Nembro, Op. cit., p. 79.

[40] Valdemiro Bonari da Bergamo, I cappuccini della provincia milanese dalla sua fondazione – 1535 – fino a noi II/2, Crema 1899, p. 649.

[41] APCL, Mic. 243/1-23.

[42] Anche i documenti di Faido furono da me fotografati, non avendo segnatura, li cito secondo le microfiches esistenti in APCL, Mic. 248/3 linea 4, fotogramma 6.

[43] M. Di Giovanni Madruzza, G. Melzi d’Eril, Op. cit., p. 107. Rimanda alla nota 31 di p. 222 che rinvia semplicemente alla nota precedente.

[44] Lettera scritta da Cremona 12.04.1593: LE, vol I, lettera 185.

[45] Lettera scritta da Cremona 12.04.1593: LE, vol I, lettera 187.

[46] Lettera scritta da Novara: LE, vol VII, lettera 322.

[47] Lettera scritta da Novara: LE, vol VII, lettera 415.

[48] LE, vol VIII, lettera 113.

[49] LE, vol X, lettera 44.

[50] LE, vol X, lettera 92.

[51] Angelo L. Stoppa, Fara Novarese terra di collina, Fara 1979, p. 50ss.

[52] Lettera scritta da Calasca, sul confine con il Vallese, il 10.09.1596: LE, vol. V, lettera 174.

[53] Fu soppresso 1852 e non va confuso con il Santuario della Madonna del Sasso, dove vivono e operano ora i cappuccini, si veda: Albert Bruckner, Brigitte Degler-Spengler, Der Franziskusorden: die Kapuziner und Kapuzinerinnen in der Schweiz, in Helvetia Sacra V/2, Francke Verlag, Berna 1974, p. 835-846.

[54] Metodio da Nembro, Op. cit., 496.

[55] Virgilio Gilardoni, Padre Rocco da Bedano, Santi Rocco e Sebastiano dei Cappuccini, in Fonti per la storia dei monumenti di Locarno, Muralto, Orselina e Solduno (circolo di Locarno), Archivio Storico Ticinese, Bellinzona 1972, p. 320.

[56] Lettera scritta da Novara il 15.06.1602: LE, vol. XIII, lettera 35.

[57] Lettera scritta da Novara l’08.07.1602: LE, vol. XIII, lettera 99.

[58] Lettera di Bascapé, scritta da Novara il 28 luglio 1601: LE, vol. XI, lettera 179. Per la conferma e il perfezionamento dell’identificazione dell’opera si veda: Fiorella Mattioli Carcano, Valerio Cirio, S. Maria della Gelata di Soriso nel contesto europeo dei santuari “Fonte di Vita”, Testori Luigi, Bolzano Novarese 1993; F. Mattioli Carcano, I santuari mariani sui luoghi alti del Cusio, in Sacri Monti Sacri, Ente di Gestione delle Riserve Naturali Speciali del Sacro Monte d'Orta, del Colle della Torre di Buccione e del Monte Mesma, Orta 2004, p. 58-71.

[59] Lettera scritta da Novara l’08.07.1602: LE, vol. XIII, lettera 98.

[60] Un ciclostilato, ricevuto dal Parroco di Omegna, scritto in occasione dei restauri del “Battistero di S. Giovanni, sito nelle immediate adiacenze della Collegiata di S. Ambrogio di Omegna”, recita che: “nel 1603 non se n’era fatto niente...” e più avanti, parlando della visita del cardinal Taverna nel 1616: “deve lamentare che ancora non si è provveduto alla sistemazione del nuovo battistero” (Ciclostilato conservato in APCL, P 0635/08/05)

[61] Lettera scritta da Novara il 17.12.1602: LE, vol. XIII, lettera 451.

[62] Carlo Mazzella, Santuario della Madonna del Rosario di San Pietro, Assessorato alla Cultura, Comune di Varallo Pombia 2007, p. 13.

[63] Lettera scritta al canonico Gasco, vicario foraneo di Gozzano, da Novara il 06.06.1603: LE, vol. XIV, lettera 449.

[64] Lettera ai fabbricieri del Sacro Monte di Varallo, scritta dall’Isola di S. Giulio il 06.10.1604: LE, vol. XVII, lettera 307.

[65] M. Di Giovanni Madruzza, G. Melzi d’Eril, Op. cit, p. 136, che aggiunge di propria fantasia: “e aveva riportato una impressione profonda”.

[66] Elena De Filippis, Il vescovo Carlo Bascapé e il Sacro Monte di Orta, in L. Vaccaro e F. Ricardi (a cura), Sacri Monti: devozione, arte e cultura della controriforma, Milano 1992, 387. Si veda anche Angelo Marzi, Padre Cleto a Varallo, in Orta San Giulio. La Fabbrica del Sacro Monte. Conoscenza Progetto Restauro, Torino 1991, 59s.

[67] Si Veda la lettera dell’01.02.1605: LE, vol. XVIII, lettera 113.

[68] Lettera scritta dall’Isola di S. Giulio: LE, vol. XVII, lettera 287.

[69] Lettera scritta da Novara il 06.03.1605: LE, vol. XVIII, lettera 256.

[70] Metodio da Nembro, op. cit., 292.

[71] Metodio da Nembro, op. cit., 80.

[72] Lettera scritta da Novara il giorno 08.01.1606: LE, vol. XIX, lettera 490.

[73] Lettera scritta da Novara il 15.01.1606: LE, vol. XIX, lettera 488.

[74] Lettera scritta da Novara il 19.02.1606: LE, vol. XIX, lettera 573.

[75] Lettera al Castellano scritta da Novara il 16.04.1606: LE, vol. XIX, lettera 683.

[76] Successivamente la cappella fu dotata di altare. Anche a Varese alcuni volevano edificare un altare nella prima cappella. P. Aguggiari voleva che le cappelle ritraessero il mistero al naturale senza altre strutture. Per ovviare a questo fece edificare la cappella dell’Immacolata Concezione che si trova fuori dal percorso delle cappelle: F. Merelli, Le cappelle..., op. cit., 20.

[77] Lettera scritta da Novara il 26.04.1606: LE, vol. XIX, lettera 702. Nella lettera del 28.08.1606, scritta dall’Isola di S. Giulio all’Arcidiacono che stava in Novara, dice: ... Faretevi dare dal Micheli una copia della deputatione de’ Fabriceri di questo monte d’Orta, che fu ricevuta da suo padre a 6 di Luglio 1602 et d’una dichiaratione del P. Fra Cleto della spesa della detta cappella Canobiana... LE, vol. XX, lettera 199. Riporto questo testo più per completezza che per attinenza a quanto sto descrivendo cronologicamente.

[78] Lettera scritta dall’Isola il giorno 01.09.1606: LE, vol. XX, lettera 218.

[79] Lettera scritta da Novara al castellano: LE, vol. XX, lettera 305.

[80] Per il volume del Ripa, si veda G. Melzi d’Eril, op. cit., 223 nota 94.

[81] Lettera scritta da Novara il 20.10.1606: LE, vol. XX, lettera 334.

[82] Lettera scritta da Novara il 20.10.1606: LE, vol. XX, lettera 338.

[83] Innocenzo Chiesa, Op. cit. p. 519 nota 103 e p. 521 nota 105.

[84] Lettera scritta da Roma al dottor Francesco Longo, in Novara, il 10.02.1607: LE, vol. XX, lettera 464.

[85] Metodio da Nembro, Op. cit., p. 512-513. Le stesse notizie sono riportate nel Cronologio della Concezione: APCL, A 301, f. 66 r. v., 76r. (dove Castelletto è sostituito con Novara).

[86] APCL, A 301, f. 77r. E non si tratta di errore, perché il capitolo del 1608 viene descritto a partire dal f. 83v.

[87] F. Merelli, Fondazione del Convento di Faido. L’opera di p. Cleto da Castelletto Ticino e le confessioni, In: I Frati in Leventina. 400 anni del Convento dei Cappuccini a Faido. Attività pastorale e culturale dal 1607, a cura di Stefano Bronner OFMCap e Christian Schweizer, Helvetia Franciscana 37 (2008) p. 11-39.

[88] Questo documento contiene anche la firma autografa di p. Cleto, l’unica conosciuta per ora. Ma per i particolari rimando alla nota 87.

[89] Metodio da Nembro, Op. cit., p 525-526. Le stesse notizie sono riportate nel Cronologio della Concezione: APCL, A 301, f. 76r. v.

[90] Lettera scritta da Santa Cristina il 03.05.1607: Scriverò a Milano per la dimora del P. Fra Cleto costì...: LE, vol. XX, lettera 581.

[91] Lettera al p. Provinciale: LE, vol. XX, lettera 586.

[92] Le parole “sua residenza” non sono chiare. Potrebbe voler dire che p. Cleto era stato mandato nel convento di Orta come frate di quella comunità. I capitoli provinciali, durante i quali venivano generalmente cambiati i conventi di residenza, si svolgevano ogni anno o anche due volte all’anno fino ai primi decenni del 1600. Può anche darsi che prima di essere inviato a Faido fosse di convento a Orta. Però, in mancanza di documenti, rimane tutto nel campo delle ipotesi.

[93] Si riferisce alle  Croniche de gli ordini instituiti dal P. S. Francesco di Marco da Lisbona che conobbe molte edizioni, si veda ad esempio l’edizione di Horatio Diola, vol. I, Parma 1581, 340ss.

[94] Lettera scritta a p. Cleto da Castelletto dall’Isola di S. Giulio il 15.09.1607: LE, vol. XXI, lettera 224.

[95] Letera scritta da Novara il 24.10.1607: LE, vol. XXI, lettera 336.

[96] Non sappiamo come si chiamava il commissario, non era più certamente p. Filippo Gallina da Milano, perché era commissario generale per la visita alla provincia di Napoli e l’8 aprile 1608 moriva a Cava de’ Tirreni: si veda il ms. citato alla nota 1, ff. 77v-78v.

[97] F. Merelli, I Cappuccini ad Arona: Sacro Monte e Convento. Documenti per la storia, Milano 1987, 47s. Le notizie che si trovano in Metodio da Nembro, op. cit., su f. Ponziano (pagg. 541 e 600) sono più generiche.

[98] Lettera scritta da Novara il 19.04.1608: LE, vol. XXI, lettera 623.

[99] Archivio del Sacro Monte, Giornale A, f. 42 bis: risulta che la fabbriceria ha dato carne e vino per i cappuccini e “per il Padre ingegnero” 16, 30 e 31 dicembre 1610. Ora Questo importante documento è stato pubblicato: A cura di Pier Giorgio Longo, Fiorella Mattioli Carcano, Libri di fabbriceria del Sacro Monte di San Francesco d’Orta 1606-1694), Stampa Tipolitografia Saccardo Carlo & Figli, Ornavasso 2003.

[100] Ivi, f. 79 bis.

[101] Metodio da Nembro,  op. cit., 532. Di lui si parla anche nelle pagine 547, 549 e 570.

[102] Archivio del Monte di Orta, Giornale A, f. 80 bis.

[103] Piero Zanetta, Il successo dell’opera di Francesco Quagliotti, in Appunti di Storia Religiosa Borgomanerese 2 (1983) n° 41, pag. 162.

[104] Salvatore da Rivolta dice che la funzione si svolse il il 4 febbraio 1618: Metodio da Nembro,  op. cit., 564, 565 e 568, dove è riprodotto l’atto notarile. Invece il Cronologio della Concezione, vedi nota 1, f. 144 dice che la celebrazione fu fatta il 3 febbraio 1618.

[105] Metodio da Nembro,  op. cit., 553-571.

[106] Metodio da Nembro,  op. cit., 407.